Inserita tra le 10 soft skills richieste entro il 2020 dal World Economic Forum, l’intelligenza emotiva rappresenta una delle competenze più ricercate dai recruiter nonché una delle chiavi del successo professionale.
Importante è però fare chiarezza su cosa si intende quando si parla di intelligenza emotiva.
Lo psicologo Daniel Goleman la definisce così:
“la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo efficace”.
Le anime di questa rara e complessa competenza sono quindi due: una personale, legata all’autoconsapevolezza e all’autogestione e una relazionale, relativa alla gestione dei rapporti e all’empatia.
Conoscere e gestire se stessi e, al tempo stesso, capire, valorizzare e coinvolgere gli altri è quindi una delle chiavi fondamentali del successo professionale. Una qualità che spesso scavalca anche le competenze tecniche e persino un alto Quoziente Intellettivo. Secondo Goleman, infatti, per essere dei buoni leader bisogna abbinare a questi aspetti tangibili e razionali, una componente irrazionale, appunto, l’intelligenza emotiva (EQ).
A confermarlo è anche uno studio di Talentsmart che mostra come il 90% dei “top performer” abbia un alto grado di Intelligenza Emotiva. Al contrario, solo nel 20% dei “bottom performer” sono emersi alti livelli di EQ.
Facile intuire come un ambiente di lavoro in cui le persone si sentono valorizzate e libere di esprimere le proprie emozioni benefici sia il lavoro dei collaboratori sia, ovviamente, tutta l’azienda.
Abbiamo chiesto a Stefano Anceschi, Head of Recruiting and Employer Branding di Lidl Italia, di spiegarci in quali ruoli l’intelligenza emotiva risulta essere una skill necessaria e come può essere indagata nel processo di selezione.
Stefano, a tuo avviso, in quali ruoli di Lidl Italia l’intelligenza emotiva risulta fondamentale?
“Non parlerei di ruoli nello specifico in quanto l’intelligenza emotiva rappresenta una skill necessaria e diffusa in tutte le posizioni in azienda. E’ una competenza che sicuramente ha una parte innata ma su cui, una volta presa consapevolezza, si può lavorare e migliorare molto. Penso, per esempio, ai nostri Graduate Program dove i giovani colleghi hanno la possibilità, lavorando in più ruoli, di costruire e migliorare la loro intelligenza emotiva attraverso l’aiuto dei colleghi più senior e le relazioni con tanti interlocutori diversi, interni ed esterni alla nostra realtà.”
Come emerge l’intelligenza emotiva nel processo di selezione?
“Emerge soprattutto dai colloqui o dagli assessment. In queste situazioni emergono attitudini, aspetti e dettagli che difficilmente si possono cogliere da una valutazione su carta come può essere il CV. Tra questi aspetti ci sono sicuramente le attitudini personali e relazionali. Per esempio, negli assessment di gruppo si notano sin da subito molti aspetti relazionali come la leadership, la collaborazione, l’empatia e, al tempo stesso, attitudini personali come la motivazione, l’autogestione e la consapevolezza di sé.”
L’intelligenza emotiva è quindi una vera e propria chiave per il successo, sempre più ricercata da recruiter e aziende. Una skill che sicuramente ha una componente innata ma che può essere costruita e rafforzata attraverso percorsi ad hoc. Per maggiori informazioni consigliamo il famoso libro di Daniel Goleman: “Intelligenza Emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici”.
Buona Lettura!
Inserita tra le 10 soft skills richieste entro il 2020 dal World Economic Forum, l’intelligenza emotiva rappresenta una delle competenze più ricercate dai recruiter nonché una delle chiavi del successo professionale.
Importante è però fare chiarezza su cosa si intende quando si parla di intelligenza emotiva.
Lo psicologo Daniel Goleman la definisce così:
“la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri e di saper gestire le emozioni in modo efficace”.
Le anime di questa rara e complessa competenza sono quindi due: una personale, legata all’autoconsapevolezza e all’autogestione e una relazionale, relativa alla gestione dei rapporti e all’empatia.
Conoscere e gestire se stessi e, al tempo stesso, capire, valorizzare e coinvolgere gli altri è quindi una delle chiavi fondamentali del successo professionale. Una qualità che spesso scavalca anche le competenze tecniche e persino un alto Quoziente Intellettivo. Secondo Goleman, infatti, per essere dei buoni leader bisogna abbinare a questi aspetti tangibili e razionali, una componente irrazionale, appunto, l’intelligenza emotiva (EQ).
A confermarlo è anche uno studio di Talentsmart che mostra come il 90% dei “top performer” abbia un alto grado di Intelligenza Emotiva. Al contrario, solo nel 20% dei “bottom performer” sono emersi alti livelli di EQ.
Facile intuire come un ambiente di lavoro in cui le persone si sentono valorizzate e libere di esprimere le proprie emozioni benefici sia il lavoro dei collaboratori sia, ovviamente, tutta l’azienda.
Abbiamo chiesto a Stefano Anceschi, Head of Recruiting and Employer Branding di Lidl Italia, di spiegarci in quali ruoli l’intelligenza emotiva risulta essere una skill necessaria e come può essere indagata nel processo di selezione.
Stefano, a tuo avviso, in quali ruoli di Lidl Italia l’intelligenza emotiva risulta fondamentale?
“Non parlerei di ruoli nello specifico in quanto l’intelligenza emotiva rappresenta una skill necessaria e diffusa in tutte le posizioni in azienda. E’ una competenza che sicuramente ha una parte innata ma su cui, una volta presa consapevolezza, si può lavorare e migliorare molto. Penso, per esempio, ai nostri Graduate Program dove i giovani colleghi hanno la possibilità, lavorando in più ruoli, di costruire e migliorare la loro intelligenza emotiva attraverso l’aiuto dei colleghi più senior e le relazioni con tanti interlocutori diversi, interni ed esterni alla nostra realtà.”
Come emerge l’intelligenza emotiva nel processo di selezione?
“Emerge soprattutto dai colloqui o dagli assessment. In queste situazioni emergono attitudini, aspetti e dettagli che difficilmente si possono cogliere da una valutazione su carta come può essere il CV. Tra questi aspetti ci sono sicuramente le attitudini personali e relazionali. Per esempio, negli assessment di gruppo si notano sin da subito molti aspetti relazionali come la leadership, la collaborazione, l’empatia e, al tempo stesso, attitudini personali come la motivazione, l’autogestione e la consapevolezza di sé.”
L’intelligenza emotiva è quindi una vera e propria chiave per il successo, sempre più ricercata da recruiter e aziende. Una skill che sicuramente ha una componente innata ma che può essere costruita e rafforzata attraverso percorsi ad hoc. Per maggiori informazioni consigliamo il famoso libro di Daniel Goleman: “Intelligenza Emotiva. Che cos’è e perché può renderci felici”.
Buona Lettura!