Uno dei dilemmi che tormentano di più gli studenti universitari, è proprio questo: conta di più fare bene o fare in fretta? Chiaramente, nessuno ha una risposta certa e univoca. I casi da tenere in considerazione sono tantissimi e molto dipende dal settore in cui si aspira a lavorare.
Qualche anno fa, al Job&orienta di Verona, aveva fatto scalpore la dichiarazione del ministro ex Poletti: secondo lui, infatti, “prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico; meglio prendere 97 a 21”. I ragazzi dovrebbero smettere di perdere tempo per rincorrere i mezzi voti in più, per buttarsi subito nel campo del lavoro e quindi puntare a laurearsi in tempo. Questo, perché competere con ragazzi molto più giovani per un posto di lavoro è un dramma per molti, in Italia..
..ma siamo d’accordo che laurearsi velocemente e con un voto qualsiasi, sia la strada migliore da percorrere?
Abbiamo intervistato, allora, alcuni studenti provenienti dalle più disparate facoltà (Medicina, Filosofia, Informatica, Scienze della formazione, Architettura e Ingegneria), e questo è quello che è venuto fuori dalle loro dichiarazioni.
Tralasciando il fatto che laurearsi in tempo, a 21 anni, come qualunque studente universitario sa, è veramente difficile (e bisogna anche essere nati negli ultimi mesi dell’anno, per completare i 3 anni minimi), proviamo ad analizzare un po’ meglio alcuni casi della questione.
Bisogna ricordare che il percorso di studi è un’occasione unica di apprendimento. Pensare alla laurea come un traguardo da maratona, ci fa inevitabilmente perdere dei passaggi lungo il percorso. Non possiamo pensare soltanto al risultato finale, se poi dedichiamo meno del tempo necessario allo studio. In campo lavorativo, avere un bellissimo voto sulla carta e una conoscenza mediocre della propria materia…beh, si capisce che serve effettivamente a poco.
Il vero problema subentra, invece, quando ci sono di mezzo i cosiddetti incidenti di percorso: una giornata storta che determina un brutto voto, anche se avevi studiato bene. Magari il problema è il tempo perso negli studi perché si è fuori sede e bisogna lavorare per mantenersi.
La questione, allora, dipende molto dalla facoltà che stiamo frequentando. Se nel nostro campo lavorativo, conta di più un voto alto che la giovane età, sarà meglio rifare gli esami andati male. Non accettare il primo voto proposto, così come sarà meglio per uno studente lavoratore impiegare più tempo, ma studiare bene e con i propri ritmi.
Sul mercato del lavoro, secondo molti, è importante a prescindere entrare il prima possibile, poiché per alcuni datori di lavoro assumere ragazzi più giovani costa meno. Laddove ciò non sia possibile, meglio puntare sulle competenze che si sono acquisite nel tempo. Soprattutto gli studenti delle facoltà umanistiche intervistati pensano, infatti, che abbia più senso impiegare un po’ di più, ma coltivare competenze aggiuntive. Un Erasmus, un corso di lingua o un tirocinio, uno stage presso una realtà lavorativa riconosciuta possono contare parecchio sul proprio curriculum. Ma tutto dipende dai casi: davanti alle agevolazioni fiscali per assumere i giovanissimi, nulla tiene.
Distinguiamo, poi, il caso del 3+2: a volte, per accedere al corso di laurea magistrale, potrebbe essere richiesto un voto minino di laurea triennale. il mio consiglio è quello di controllare sempre i criteri di ammissione alla magistrale, già dai primi tempi della triennale, per non rimanere successivamente spiazzati.
È il dilemma che affligge milioni di studenti. Se stiamo parlando di posti con accesso legato a un concorso, la risposta probabilmente è più complicata. Alcuni concorsi, pubblici o privati che siano, richiedono come requisito di accesso un voto di laurea alto.
Ci sono aziende ed enti pubblici per i quali i pieni voti bastano (dal 99 al 109), altri più esigenti che mirano ad assumere solo laureati con 110 (a volte con anche con la lode). Per non farsi cogliere impreparati, la regola è sempre la stessa: già dai primi esami all’università, date un’occhiata ai bandi di concorso che riguardano il proprio settore.
Se sto studiando Ingegneria Informatica, mi converrà farmi un’idea dei requisiti richiesti dalle aziende che assumono. Se sto studiando Filosofia e miro a fare ricerca, le borse di studio per ricercatori saranno la mia base di partenza.
Non generalizziamo, però: fortunatamente, non tutti i bandi chiedono un voto di laurea e molti datori di lavoro, nemmeno lo chiedono! Tutto sta nel capire cosa mi chiederà il settore di lavoro specifico a cui punto.
Per i corsi di Medicina, con tutte le discipline specifiche che comprende questa facoltà, il discorso è un po’ diverso: gli esami sono tanti e soprattutto vari. Medicina porta gli studenti a specializzarsi in un determinato ambito, quindi concentrarsi su determinate discipline e puntare meno su altre. In questo caso, come molti studenti di Medicina e di Veterinaria hanno riferito, conta meno il voto di laurea. Eccellere in tutti i corsi seguiti durante l’università è impossibile e tante volte gioca anche un ruolo importante la personalità. C’è chi è più portato a studiare grandi quantità di nozioni mnemonicamente, chi fa più fatica a ricordare tutto. “Sono la pratica e l’esperienza che fanno il bravo medico”, afferma una studentessa di Veterinaria. Chi lavora da tempo sostiene che conta molto di più l’indole che si manifesta sul campo, piuttosto che la media universitaria.
Alla fine, quindi, non si può dare una risposta univoca al dilemma più discusso di sempre: fare bene e presto è la chiave di volta di tutti gli studi universitari.
Uno dei dilemmi che tormentano di più gli studenti universitari, è proprio questo: conta di più fare bene o fare in fretta? Chiaramente, nessuno ha una risposta certa e univoca. I casi da tenere in considerazione sono tantissimi e molto dipende dal settore in cui si aspira a lavorare.
Qualche anno fa, al Job&orienta di Verona, aveva fatto scalpore la dichiarazione del ministro ex Poletti: secondo lui, infatti, “prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico; meglio prendere 97 a 21”. I ragazzi dovrebbero smettere di perdere tempo per rincorrere i mezzi voti in più, per buttarsi subito nel campo del lavoro e quindi puntare a laurearsi in tempo. Questo, perché competere con ragazzi molto più giovani per un posto di lavoro è un dramma per molti, in Italia..
..ma siamo d’accordo che laurearsi velocemente e con un voto qualsiasi, sia la strada migliore da percorrere?
Abbiamo intervistato, allora, alcuni studenti provenienti dalle più disparate facoltà (Medicina, Filosofia, Informatica, Scienze della formazione, Architettura e Ingegneria), e questo è quello che è venuto fuori dalle loro dichiarazioni.
Tralasciando il fatto che laurearsi in tempo, a 21 anni, come qualunque studente universitario sa, è veramente difficile (e bisogna anche essere nati negli ultimi mesi dell’anno, per completare i 3 anni minimi), proviamo ad analizzare un po’ meglio alcuni casi della questione.
Bisogna ricordare che il percorso di studi è un’occasione unica di apprendimento. Pensare alla laurea come un traguardo da maratona, ci fa inevitabilmente perdere dei passaggi lungo il percorso. Non possiamo pensare soltanto al risultato finale, se poi dedichiamo meno del tempo necessario allo studio. In campo lavorativo, avere un bellissimo voto sulla carta e una conoscenza mediocre della propria materia…beh, si capisce che serve effettivamente a poco.
Il vero problema subentra, invece, quando ci sono di mezzo i cosiddetti incidenti di percorso: una giornata storta che determina un brutto voto, anche se avevi studiato bene. Magari il problema è il tempo perso negli studi perché si è fuori sede e bisogna lavorare per mantenersi.
La questione, allora, dipende molto dalla facoltà che stiamo frequentando. Se nel nostro campo lavorativo, conta di più un voto alto che la giovane età, sarà meglio rifare gli esami andati male. Non accettare il primo voto proposto, così come sarà meglio per uno studente lavoratore impiegare più tempo, ma studiare bene e con i propri ritmi.
Sul mercato del lavoro, secondo molti, è importante a prescindere entrare il prima possibile, poiché per alcuni datori di lavoro assumere ragazzi più giovani costa meno. Laddove ciò non sia possibile, meglio puntare sulle competenze che si sono acquisite nel tempo. Soprattutto gli studenti delle facoltà umanistiche intervistati pensano, infatti, che abbia più senso impiegare un po’ di più, ma coltivare competenze aggiuntive. Un Erasmus, un corso di lingua o un tirocinio, uno stage presso una realtà lavorativa riconosciuta possono contare parecchio sul proprio curriculum. Ma tutto dipende dai casi: davanti alle agevolazioni fiscali per assumere i giovanissimi, nulla tiene.
Distinguiamo, poi, il caso del 3+2: a volte, per accedere al corso di laurea magistrale, potrebbe essere richiesto un voto minino di laurea triennale. il mio consiglio è quello di controllare sempre i criteri di ammissione alla magistrale, già dai primi tempi della triennale, per non rimanere successivamente spiazzati.
È il dilemma che affligge milioni di studenti. Se stiamo parlando di posti con accesso legato a un concorso, la risposta probabilmente è più complicata. Alcuni concorsi, pubblici o privati che siano, richiedono come requisito di accesso un voto di laurea alto.
Ci sono aziende ed enti pubblici per i quali i pieni voti bastano (dal 99 al 109), altri più esigenti che mirano ad assumere solo laureati con 110 (a volte con anche con la lode). Per non farsi cogliere impreparati, la regola è sempre la stessa: già dai primi esami all’università, date un’occhiata ai bandi di concorso che riguardano il proprio settore.
Se sto studiando Ingegneria Informatica, mi converrà farmi un’idea dei requisiti richiesti dalle aziende che assumono. Se sto studiando Filosofia e miro a fare ricerca, le borse di studio per ricercatori saranno la mia base di partenza.
Non generalizziamo, però: fortunatamente, non tutti i bandi chiedono un voto di laurea e molti datori di lavoro, nemmeno lo chiedono! Tutto sta nel capire cosa mi chiederà il settore di lavoro specifico a cui punto.
Per i corsi di Medicina, con tutte le discipline specifiche che comprende questa facoltà, il discorso è un po’ diverso: gli esami sono tanti e soprattutto vari. Medicina porta gli studenti a specializzarsi in un determinato ambito, quindi concentrarsi su determinate discipline e puntare meno su altre. In questo caso, come molti studenti di Medicina e di Veterinaria hanno riferito, conta meno il voto di laurea. Eccellere in tutti i corsi seguiti durante l’università è impossibile e tante volte gioca anche un ruolo importante la personalità. C’è chi è più portato a studiare grandi quantità di nozioni mnemonicamente, chi fa più fatica a ricordare tutto. “Sono la pratica e l’esperienza che fanno il bravo medico”, afferma una studentessa di Veterinaria. Chi lavora da tempo sostiene che conta molto di più l’indole che si manifesta sul campo, piuttosto che la media universitaria.
Alla fine, quindi, non si può dare una risposta univoca al dilemma più discusso di sempre: fare bene e presto è la chiave di volta di tutti gli studi universitari.