Published at 01 Oct 2020
Published at 01 Oct 2020
Tutored incontra Margherita, Creative Copywriter in Publicis

Tutored incontra Margherita, Creative Copywriter in Publicis


Italia, USA e Germania: ecco dove il lavoro e la formazione hanno portato Margherita Teodori negli ultimi anni.


Tutored è il punto di incontro tra studenti, giovani laureati e aziende. All’interno della nostra piattaforma, i membri hanno la possibilità di scoprire gli sbocchi lavorativi in base al loro percorso di studi, conoscere grandi aziende e candidarsi alle numerose opportunità di stage, lavoro e graduate program.
La nostra community è formata da giovani uniti dall'ambizione. Su Tutored, raccontiamo le loro storie ed esperienze, con l'obiettivo di ispirare i più giovani e dare un'idea concreta del mondo del lavoro.

 

In quale università hai studiato e quale percorso di studi hai scelto?


Mi sono laureata in Filologia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Mentre ho scritto la tesi alla Jagiellonian University di Cracovia. 

Diciamo che è sempre stata molto chiara in me una propensione verso le materie umanistiche. Propensione dettata anche da una forte passione per la scrittura e le lettere in generale. 

Quello che invece non avevo molto chiaro, all’età di diciott’anni, era l’ampia offerta formativa in Italia e fuori. Sono molto critica quando ricordo l’orientamento che mi/ci è stato fatto nell’ultimo anno di liceo: le università che ci sono state presentate non erano niente di più delle tradizionali, quali medicina, giurisprudenza, ingegneria, economia e lettere. 

Se dovessi dare un consiglio ai ragazzi che si preparano a scegliere l’università oggi – direi loro di fare tanta ricerca, di approfondire, di chiedere a studenti ed ex studenti che hanno intrapreso quel percorso di studi, e fare dunque una scelta più consapevole, non solo sulla base di una propensione, ma anche sulla base delle possibilità lavorative che quel percorso di studi può aprirti. 

Io non l’ho fatto. E credendo che la mia scelta potesse muoversi solo sulla base di cinque o sei facoltà, ho semplicemente scelto quella che ho pensato fosse più affine alla mia passione, escludendo, o meglio, non prendendo proprio in considerazione, per mancata conoscenza, corsi, scuole, facoltà che mi avrebbero piuttosto portata in modo più diretto verso quella carriera che ho poi scelto. 

Durante la magistrale decisi di intraprendere parallelamente la carriera giornalistica ed iniziai a scrivere per diverse testate. Cosa che poi, da allora, non ho mai smesso di fare. In concomitanza con la fine degli anni universitari mi iscrivo dunque all’Albo dei giornalisti pubblicisti, aprendomi alla possibilità di diventare una giornalista professionista. 

In quegli anni non lo sapevo mica che, di lì a poco, sarei tornata a studiare, in una scuola internazionale questa volta, che mi avrebbe aperto ad una carriera tutta nuova di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Di questo, ne parlo qualche riga più sotto.  


Oggi lavori in Publicis: come ci sei arrivata e come si sono svolte le selezioni?


Dopo quasi un anno in BBC Creative a Londra, ho sentito la necessità di riavvicinarmi a casa e – dico sempre – che l’unica agenzia per cui sarei rientrata in Italia sarebbe stata Publicis, la quale, da qualche anno faceva già parlare molto di sé anche all’estero per la qualità dei lavori prodotti e i premi ricevuti. E così è stato. Mi sono messa in contatto con l’agenzia, ho fatto un paio di colloqui e poi è arrivata l’offerta. Ho fatto i bagagli e a giugno dello scorso anno ho iniziato il mio percorso in Publicis come creative copywriter. 


Di cosa ti occupi in qualità di Creative Copywriter in Publicis?


In Publicis lavoro su clienti quali Heineken, Mulino Bianco, Carrefour, Leroy Merlin e tanti altri, italiani e non. Insieme al mio partner creativo, il mio art director, ci occupiamo di tutta la parte creativa della pubblicità che va dal concepimento dell’idea alla produzione della stessa. Io, in quanto copywriter, mi occupo di tutto ciò che riguarda “la parte scritta”, chiamiamola così, della pubblicità, e dunque dagli script di commercial televisivi e radiofonici, alla semplice caption di Instagram. 

Il mio focus, e la mia grande sfida, è quella di riuscire a produrre una pubblicità che non sia solo un mero vendere, ma che porti con sé una sorta di etica. La pubblicità, non tanto in Italia ahimè, quanto più negli Stati Uniti, può davvero smuovere le coscienze a volte. Ecco, questa è la pubblicità alla quale sono interessata e per la quale voglio impegnare la mia creatività.  


Hai letteralmente lavorato in tutto il mondo: Berlino, Los Angeles, Londra, New York. Queste opportunità sono capitate o te le sei cercate? Puoi raccontarci brevemente di queste esperienze?


Credo molto nella fortuna e nelle cose che – come dire – semplicemente, accadono. Ma credo sia importante avere sempre un atteggiamento pronto ad accogliere la novità. Molte di queste esperienze mi sono in parte capitate, altre le ho cercate eccome, ma tutte sono successe grazie ad un approccio alla vita sempre pronto ad accogliere il nuovo. 

A Berlino ci sono arrivata grazie ad un progetto europeo che mi chiedeva di presentare un’idea di start-up sulla base della quale l’UE mi avrebbe offerto o meno la possibilità di spendere alcuni mesi in una realtà lavorativa europea simile alla mia idea di start-up; cosicché, io potessi in qualche modo “apprendere il mestiere”, farne tesoro e riportare l’esperienza in Italia. Arrivai dunque in una sorta di galleria d’arte al quanto sperimentale, in cui mi occupavo di gestire le residenze per artisti annesse alla galleria. È stata un’esperienza molto bella, seppur breve. 

Quando questo progetto si concluse non tornai in Italia e non ci tornai perché mi si aprì la possibilità di volare in California per qualche mese.      

Los Angeles dunque, mi è letteralmente capitata. Mentre intervistavo un artista italiano [questo perché – come dicevo – non ho mai smesso di scrivere] che esponeva a Berlino, il caso volle che un suo amico stava giusto cercando qualcuno che lo aiutasse nella produzione di uno spettacolo a LA ed era dunque alla ricerca di una figura professionale che potesse occuparsi della comunicazione e pubblicizzazione dell’evento. Mi offrii, in seduta stante, e dopo qualche settimana lasciai la fredda Germania e mi trasferii in California. A Los Angeles ho anche fondato un magazine online per la comunità italiana di LA, ma questa è tutta un’altra storia.      

Londra e New York sono venute dopo. Una volta rientrata a Berlino da Los Angeles, ho lavorato per alcuni mesi in una start-up occupandomi principalmente delle vendite di software per il mercato italiano. Sono bastati pochi mesi per rendermi conto che quella non era la carriera che avrei voluto intraprendere e fu così che un caro amico mi parlò di una scuola per creativi, la Miami Ad School. La selezione per accedere alla scuola fu piuttosto difficile, soprattutto per me, che di pubblicità e creatività pubblicitaria non sapevo poi molto. Aspettai qualche mese prima di scoprire che ero stata presa, ed è qui, in Miami Ad School, che inizia il mio percorso da creativo. 

La scuola prevedeva un anno a Berlino con lezioni ed esami, e un secondo anno in cui la scuola ci dava la possibilità di fare quattro esperienze lavorative di tre mesi l’una nelle agenzie pubblicitarie più grandi del mondo, le quali sulla base del nostro portfolio facevano la loro selezione. 

La mia prima agenzia è stata McCann, a Londra, le altre a New York, in Saatchi&Saatchi, J. Walter Thompson e in una piccola agenzia italiana con sede anche a New York: People Ideas & Culture. 

Nel 2018 mi diplomo come Copywriter alla Miami Ad School di New York, concludendo dunque i miei studi parte seconda. Dopo nemmeno un mese vengo assunta dalla BBC Creative, a Londra, come creativo.  

Fare una scuola come la Miami Ad School, come dicevo sopra, mi ha letteralmente stravolto i piani. Mi ha “tirata fuori” da quel limbo post-laurea in cui non riuscivo bene a trovare la mia identità professionale e mi ha insegnato un mestiere, immergendomici come si fa con una bustina di thè nell’acqua calda.

A tutti quelli che mi chiedono se la Miami Ad School è una buona scuola, rispondo sì. Per la qualità delle lezioni e i professionisti, non sempre insegnanti, che oltre a trasmetterti una grande conoscenza, ti trasmettono una forte motivazione. È un’ottima scuola per la praticità: nel secondo anno si viene letteralmente sbattuti in agenzie grandissime dove da subito si impara facendo. Senza parlare del networking e di quanto sia stato bello e formativo lavorare con giovani creativi, i miei compagni di percorso, provenienti da tutti i paesi del mondo, parlanti tutte le lingue del mondo. 


Oggi lavori a Milano: come mai hai deciso di tornare in Italia?


Diciamo che il mio rientro in Italia è stato un po’ dettato dalle esigenze del momento. Dopo molti anni fuori, ho sentito la necessità di rientrare, almeno per un po’. Dico “almeno per un po’” perché presto o tardi sono certa che tornerò a parlare una lingua non mia e a stupirmi di quanto mi manchi l’Italia, perché purtroppo e per fortuna non ho ancora imparato a placare questa irrequietezza e appassionata apertura al nuovo, che è poi il motore della mia creatività.   

Italia, USA e Germania: ecco dove il lavoro e la formazione hanno portato Margherita Teodori negli ultimi anni.


Tutored è il punto di incontro tra studenti, giovani laureati e aziende. All’interno della nostra piattaforma, i membri hanno la possibilità di scoprire gli sbocchi lavorativi in base al loro percorso di studi, conoscere grandi aziende e candidarsi alle numerose opportunità di stage, lavoro e graduate program.
La nostra community è formata da giovani uniti dall'ambizione. Su Tutored, raccontiamo le loro storie ed esperienze, con l'obiettivo di ispirare i più giovani e dare un'idea concreta del mondo del lavoro.

 

In quale università hai studiato e quale percorso di studi hai scelto?


Mi sono laureata in Filologia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Mentre ho scritto la tesi alla Jagiellonian University di Cracovia. 

Diciamo che è sempre stata molto chiara in me una propensione verso le materie umanistiche. Propensione dettata anche da una forte passione per la scrittura e le lettere in generale. 

Quello che invece non avevo molto chiaro, all’età di diciott’anni, era l’ampia offerta formativa in Italia e fuori. Sono molto critica quando ricordo l’orientamento che mi/ci è stato fatto nell’ultimo anno di liceo: le università che ci sono state presentate non erano niente di più delle tradizionali, quali medicina, giurisprudenza, ingegneria, economia e lettere. 

Se dovessi dare un consiglio ai ragazzi che si preparano a scegliere l’università oggi – direi loro di fare tanta ricerca, di approfondire, di chiedere a studenti ed ex studenti che hanno intrapreso quel percorso di studi, e fare dunque una scelta più consapevole, non solo sulla base di una propensione, ma anche sulla base delle possibilità lavorative che quel percorso di studi può aprirti. 

Io non l’ho fatto. E credendo che la mia scelta potesse muoversi solo sulla base di cinque o sei facoltà, ho semplicemente scelto quella che ho pensato fosse più affine alla mia passione, escludendo, o meglio, non prendendo proprio in considerazione, per mancata conoscenza, corsi, scuole, facoltà che mi avrebbero piuttosto portata in modo più diretto verso quella carriera che ho poi scelto. 

Durante la magistrale decisi di intraprendere parallelamente la carriera giornalistica ed iniziai a scrivere per diverse testate. Cosa che poi, da allora, non ho mai smesso di fare. In concomitanza con la fine degli anni universitari mi iscrivo dunque all’Albo dei giornalisti pubblicisti, aprendomi alla possibilità di diventare una giornalista professionista. 

In quegli anni non lo sapevo mica che, di lì a poco, sarei tornata a studiare, in una scuola internazionale questa volta, che mi avrebbe aperto ad una carriera tutta nuova di cui non sapevo nemmeno l’esistenza. Di questo, ne parlo qualche riga più sotto.  


Oggi lavori in Publicis: come ci sei arrivata e come si sono svolte le selezioni?


Dopo quasi un anno in BBC Creative a Londra, ho sentito la necessità di riavvicinarmi a casa e – dico sempre – che l’unica agenzia per cui sarei rientrata in Italia sarebbe stata Publicis, la quale, da qualche anno faceva già parlare molto di sé anche all’estero per la qualità dei lavori prodotti e i premi ricevuti. E così è stato. Mi sono messa in contatto con l’agenzia, ho fatto un paio di colloqui e poi è arrivata l’offerta. Ho fatto i bagagli e a giugno dello scorso anno ho iniziato il mio percorso in Publicis come creative copywriter. 


Di cosa ti occupi in qualità di Creative Copywriter in Publicis?


In Publicis lavoro su clienti quali Heineken, Mulino Bianco, Carrefour, Leroy Merlin e tanti altri, italiani e non. Insieme al mio partner creativo, il mio art director, ci occupiamo di tutta la parte creativa della pubblicità che va dal concepimento dell’idea alla produzione della stessa. Io, in quanto copywriter, mi occupo di tutto ciò che riguarda “la parte scritta”, chiamiamola così, della pubblicità, e dunque dagli script di commercial televisivi e radiofonici, alla semplice caption di Instagram. 

Il mio focus, e la mia grande sfida, è quella di riuscire a produrre una pubblicità che non sia solo un mero vendere, ma che porti con sé una sorta di etica. La pubblicità, non tanto in Italia ahimè, quanto più negli Stati Uniti, può davvero smuovere le coscienze a volte. Ecco, questa è la pubblicità alla quale sono interessata e per la quale voglio impegnare la mia creatività.  


Hai letteralmente lavorato in tutto il mondo: Berlino, Los Angeles, Londra, New York. Queste opportunità sono capitate o te le sei cercate? Puoi raccontarci brevemente di queste esperienze?


Credo molto nella fortuna e nelle cose che – come dire – semplicemente, accadono. Ma credo sia importante avere sempre un atteggiamento pronto ad accogliere la novità. Molte di queste esperienze mi sono in parte capitate, altre le ho cercate eccome, ma tutte sono successe grazie ad un approccio alla vita sempre pronto ad accogliere il nuovo. 

A Berlino ci sono arrivata grazie ad un progetto europeo che mi chiedeva di presentare un’idea di start-up sulla base della quale l’UE mi avrebbe offerto o meno la possibilità di spendere alcuni mesi in una realtà lavorativa europea simile alla mia idea di start-up; cosicché, io potessi in qualche modo “apprendere il mestiere”, farne tesoro e riportare l’esperienza in Italia. Arrivai dunque in una sorta di galleria d’arte al quanto sperimentale, in cui mi occupavo di gestire le residenze per artisti annesse alla galleria. È stata un’esperienza molto bella, seppur breve. 

Quando questo progetto si concluse non tornai in Italia e non ci tornai perché mi si aprì la possibilità di volare in California per qualche mese.      

Los Angeles dunque, mi è letteralmente capitata. Mentre intervistavo un artista italiano [questo perché – come dicevo – non ho mai smesso di scrivere] che esponeva a Berlino, il caso volle che un suo amico stava giusto cercando qualcuno che lo aiutasse nella produzione di uno spettacolo a LA ed era dunque alla ricerca di una figura professionale che potesse occuparsi della comunicazione e pubblicizzazione dell’evento. Mi offrii, in seduta stante, e dopo qualche settimana lasciai la fredda Germania e mi trasferii in California. A Los Angeles ho anche fondato un magazine online per la comunità italiana di LA, ma questa è tutta un’altra storia.      

Londra e New York sono venute dopo. Una volta rientrata a Berlino da Los Angeles, ho lavorato per alcuni mesi in una start-up occupandomi principalmente delle vendite di software per il mercato italiano. Sono bastati pochi mesi per rendermi conto che quella non era la carriera che avrei voluto intraprendere e fu così che un caro amico mi parlò di una scuola per creativi, la Miami Ad School. La selezione per accedere alla scuola fu piuttosto difficile, soprattutto per me, che di pubblicità e creatività pubblicitaria non sapevo poi molto. Aspettai qualche mese prima di scoprire che ero stata presa, ed è qui, in Miami Ad School, che inizia il mio percorso da creativo. 

La scuola prevedeva un anno a Berlino con lezioni ed esami, e un secondo anno in cui la scuola ci dava la possibilità di fare quattro esperienze lavorative di tre mesi l’una nelle agenzie pubblicitarie più grandi del mondo, le quali sulla base del nostro portfolio facevano la loro selezione. 

La mia prima agenzia è stata McCann, a Londra, le altre a New York, in Saatchi&Saatchi, J. Walter Thompson e in una piccola agenzia italiana con sede anche a New York: People Ideas & Culture. 

Nel 2018 mi diplomo come Copywriter alla Miami Ad School di New York, concludendo dunque i miei studi parte seconda. Dopo nemmeno un mese vengo assunta dalla BBC Creative, a Londra, come creativo.  

Fare una scuola come la Miami Ad School, come dicevo sopra, mi ha letteralmente stravolto i piani. Mi ha “tirata fuori” da quel limbo post-laurea in cui non riuscivo bene a trovare la mia identità professionale e mi ha insegnato un mestiere, immergendomici come si fa con una bustina di thè nell’acqua calda.

A tutti quelli che mi chiedono se la Miami Ad School è una buona scuola, rispondo sì. Per la qualità delle lezioni e i professionisti, non sempre insegnanti, che oltre a trasmetterti una grande conoscenza, ti trasmettono una forte motivazione. È un’ottima scuola per la praticità: nel secondo anno si viene letteralmente sbattuti in agenzie grandissime dove da subito si impara facendo. Senza parlare del networking e di quanto sia stato bello e formativo lavorare con giovani creativi, i miei compagni di percorso, provenienti da tutti i paesi del mondo, parlanti tutte le lingue del mondo. 


Oggi lavori a Milano: come mai hai deciso di tornare in Italia?


Diciamo che il mio rientro in Italia è stato un po’ dettato dalle esigenze del momento. Dopo molti anni fuori, ho sentito la necessità di rientrare, almeno per un po’. Dico “almeno per un po’” perché presto o tardi sono certa che tornerò a parlare una lingua non mia e a stupirmi di quanto mi manchi l’Italia, perché purtroppo e per fortuna non ho ancora imparato a placare questa irrequietezza e appassionata apertura al nuovo, che è poi il motore della mia creatività.