Published at 03 Feb 2020
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Lavorare nel retail: come funziona? Quali opportunità di carriera offre?

Lavorare nel retail: come funziona? Quali opportunità di carriera offre?


Il settore del Retail

Vendere non è solo una capacità commerciale, ma una vera e propria scienza. Così, quello che una volta era definito come il settore della vendita al dettaglio – cioè il viaggio finale di un prodotto che passa dal negozio al consumatore – oggi è diventata una parte del più grande universo retail, una vera e propria industria che ha creato nuovi servizi, nuovi bisogni e quindi nuovi percorsi di laurea e formazione per figure lavorative evolute rispetto al passato.

Per capire quali opportunità offra il retail, bisogna prima capire la filosofia dell’industria della vendita 4.0. Si tratta infatti di un settore in cui tecniche di marketing, definizione delle strategie di prezzo e transazioni online sono sempre più fuse insieme. E in cui il negozio, fisico o virtuale che sia, diventa un luogo in cui il consumatore:

- Deve vivere esperienze anche diverse dallo shopping classico (es. esistono negozi show-room in cui, anziché vedere esposti un salotto o una cucina, li si può provare come si fosse a casa propria);

- Influenza, con il suo comportamento online e offline, il lavoro di vendita (es. quando apre un nuovo negozio in città, è sempre più frequente che l’azienda recluti degli store manager con laurea umanistica, per un approccio più simile quasi a una guida turistica che a un negoziante);

Con l’avvento dell’e-commerce e degli acquisti online, tutta questa dimensione esperienziale è diventata sia fisica sia virtuale. Anche se il retail fisico ha sofferto – secondo Confcommercio in Italia tra il 2008 e il 2017 hanno chiuso la saracinesca 63 mila negozi mentre le imprese che vendono online sono aumentate di quasi 9 mila unità – oggi la scommessa è integrare fisico e online.  

Questo vuol dire che le vetrine non sono affatto destinate a sparire e che quando parliamo di retail oggi parliamo essenzialmente di:

- Omnicanalità, cioè la strategia che permette a un brand o un negozio di essere presente su tutte le piattaforme di vendita disponibili in quel momento, online e fisiche. Ad esempio, le vetrine in centro storico, ma anche i siti e-commerce come Amazon o Etsy, fino ai servizi di messaggistica social tramite assistenti virtuali di vendita (chatbot) dalla pagina Facebook o Instagram di quel brand o negozio;

- Big Data, quindi le tecniche di raccolta, analisi e profilazione dei dati sui comportamenti e le abitudini dei consumatori, utili per capire che tipo di offerte presentare o che tipo di prodotto proporre (ad. esempio, i classici sondaggi interattivi all’uscita di un negozio che chiedono di valutare con un’emoticon l’esperienza di shopping, o la semplice ricerca online quando cerchiamo qualcosa su Amazon o Google da regalare per Natale);

- Delivery, consegne e ritiri, vale a dire tutti quei servizi – ormai dati quasi per scontati da chi compra – di trasporto e ritiro dei beni acquistati, non importa si tratti di cibo o del vestito preso online, e che in genere vengono offerti anche non direttamente dai negozi ma tramite start-up specializzate (che, quindi, crescono e assumono in fretta);

La digitalizzazione fa la differenza, al punto che le aziende, dalle catene ai singoli brand, non possono prescindere da figure con competenze social, di sviluppo digitale, di data science e di visual design

 

Lavorare nel Retail: le competenze necessarie

In questo settore oggi le figure essenziali agli occhi di un recruiter non sono solo il brand manager e il product manager, ma anche profili evoluti rispetto a chi ha studiato management ed economia. Tra le figure oggi ricercate dalle aziende ci sono:

- Store manager, cioè il responsabile della gestione del punto vendita e che, oltre a sapere come si organizza un negozio dal punto di vista commerciale e amministrativo, deve dimostrare anche spiccate capacità “umanistiche” (IULM ha un master specifico così come l’Università degli Studi di Firenze);
il visual merchandiser, colui o colei che si occupa soprattutto di valorizzare il prodotto sia dal punto di vista del posizionamento e dell’allestimento nel punto vendita (a Torino lo IED  ha una formazione dedicata);

- District manager, punto di riferimento dei negozi di determinate zone geografiche che vengono assegnate dalla sede centrale. Il suo obiettivo è quello di massimizzarne i risultati di vendita e la redditività partendo dall’analisi delle vendite e gestendo l’allestimento del punto vendita secondo le linee guida di visual merchandising, gli stock e gli ordini della merce e le risorse umane all’interno del punto vendita, per formarle e motivarle a raggiungere insieme l’obiettivo.

- Digital marketing manager, che si occupa delle strategie di marketing per promuovere il brand e il  prodotto attraverso i canali on-line (la business school de Il Sole 24 Ore ha una vasta gamma di corsi ma è possibile acquisire le tecniche anche in Università come la Bicocca o Roma Tre).

Esistono poi corsi completi offerti dalla business school CUOA, per una preparazione a 360 gradi. Quella che serve per la nuova fase del retail: il rilancio del negozio fisico come spazio che offre servizi e non prodotti.

Ti piacerebbe intraprendere una carriera nel retail? Scopri tutte le posizioni aperte in LIDL Italia e tante altre aziende

Il settore del Retail

Vendere non è solo una capacità commerciale, ma una vera e propria scienza. Così, quello che una volta era definito come il settore della vendita al dettaglio – cioè il viaggio finale di un prodotto che passa dal negozio al consumatore – oggi è diventata una parte del più grande universo retail, una vera e propria industria che ha creato nuovi servizi, nuovi bisogni e quindi nuovi percorsi di laurea e formazione per figure lavorative evolute rispetto al passato.

Per capire quali opportunità offra il retail, bisogna prima capire la filosofia dell’industria della vendita 4.0. Si tratta infatti di un settore in cui tecniche di marketing, definizione delle strategie di prezzo e transazioni online sono sempre più fuse insieme. E in cui il negozio, fisico o virtuale che sia, diventa un luogo in cui il consumatore:

- Deve vivere esperienze anche diverse dallo shopping classico (es. esistono negozi show-room in cui, anziché vedere esposti un salotto o una cucina, li si può provare come si fosse a casa propria);

- Influenza, con il suo comportamento online e offline, il lavoro di vendita (es. quando apre un nuovo negozio in città, è sempre più frequente che l’azienda recluti degli store manager con laurea umanistica, per un approccio più simile quasi a una guida turistica che a un negoziante);

Con l’avvento dell’e-commerce e degli acquisti online, tutta questa dimensione esperienziale è diventata sia fisica sia virtuale. Anche se il retail fisico ha sofferto – secondo Confcommercio in Italia tra il 2008 e il 2017 hanno chiuso la saracinesca 63 mila negozi mentre le imprese che vendono online sono aumentate di quasi 9 mila unità – oggi la scommessa è integrare fisico e online.  

Questo vuol dire che le vetrine non sono affatto destinate a sparire e che quando parliamo di retail oggi parliamo essenzialmente di:

- Omnicanalità, cioè la strategia che permette a un brand o un negozio di essere presente su tutte le piattaforme di vendita disponibili in quel momento, online e fisiche. Ad esempio, le vetrine in centro storico, ma anche i siti e-commerce come Amazon o Etsy, fino ai servizi di messaggistica social tramite assistenti virtuali di vendita (chatbot) dalla pagina Facebook o Instagram di quel brand o negozio;

- Big Data, quindi le tecniche di raccolta, analisi e profilazione dei dati sui comportamenti e le abitudini dei consumatori, utili per capire che tipo di offerte presentare o che tipo di prodotto proporre (ad. esempio, i classici sondaggi interattivi all’uscita di un negozio che chiedono di valutare con un’emoticon l’esperienza di shopping, o la semplice ricerca online quando cerchiamo qualcosa su Amazon o Google da regalare per Natale);

- Delivery, consegne e ritiri, vale a dire tutti quei servizi – ormai dati quasi per scontati da chi compra – di trasporto e ritiro dei beni acquistati, non importa si tratti di cibo o del vestito preso online, e che in genere vengono offerti anche non direttamente dai negozi ma tramite start-up specializzate (che, quindi, crescono e assumono in fretta);

La digitalizzazione fa la differenza, al punto che le aziende, dalle catene ai singoli brand, non possono prescindere da figure con competenze social, di sviluppo digitale, di data science e di visual design

 

Lavorare nel Retail: le competenze necessarie

In questo settore oggi le figure essenziali agli occhi di un recruiter non sono solo il brand manager e il product manager, ma anche profili evoluti rispetto a chi ha studiato management ed economia. Tra le figure oggi ricercate dalle aziende ci sono:

- Store manager, cioè il responsabile della gestione del punto vendita e che, oltre a sapere come si organizza un negozio dal punto di vista commerciale e amministrativo, deve dimostrare anche spiccate capacità “umanistiche” (IULM ha un master specifico così come l’Università degli Studi di Firenze);
il visual merchandiser, colui o colei che si occupa soprattutto di valorizzare il prodotto sia dal punto di vista del posizionamento e dell’allestimento nel punto vendita (a Torino lo IED  ha una formazione dedicata);

- District manager, punto di riferimento dei negozi di determinate zone geografiche che vengono assegnate dalla sede centrale. Il suo obiettivo è quello di massimizzarne i risultati di vendita e la redditività partendo dall’analisi delle vendite e gestendo l’allestimento del punto vendita secondo le linee guida di visual merchandising, gli stock e gli ordini della merce e le risorse umane all’interno del punto vendita, per formarle e motivarle a raggiungere insieme l’obiettivo.

- Digital marketing manager, che si occupa delle strategie di marketing per promuovere il brand e il  prodotto attraverso i canali on-line (la business school de Il Sole 24 Ore ha una vasta gamma di corsi ma è possibile acquisire le tecniche anche in Università come la Bicocca o Roma Tre).

Esistono poi corsi completi offerti dalla business school CUOA, per una preparazione a 360 gradi. Quella che serve per la nuova fase del retail: il rilancio del negozio fisico come spazio che offre servizi e non prodotti.

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