Come ben sa la nostra community di 500.000 studenti, in Tutored ci occupiamo di accompagnare dall'Università al mondo del lavoro universitari e neolaureati di tutte le facoltà. Oltre che attraverso webinar, masterclass e approfondimenti di vario genere, lo facciamo attraverso le proposte di stage e lavoro in linea con il loro percorso di studi che le oltre 250 aziende attive su tutored pubblicano ogni giorno.
La nostra mission è quindi chiara, e nasce da quello che per molti è un problema: il presunto gap fra l'università e il mondo del lavoro, che specialmente in Italia viene disegnato come una contrapposizione fra una robusta, ma fin troppo teorica preparazione universitaria e un mondo del lavoro che richiede competenze molto pratiche e specifiche, concretezza e una buona dose di previa esperienza. Insomma, troppa teoria e poca pratica per le università, richieste troppo specifiche delle aziende che non investono in formazione.
Ma questo gap esiste davvero? E se esiste, è eliminabile? Di chi è la responsabilità? Oppure, per la struttura stessa dell'università, è necessario che un po' ci sia?
Cerchiamo di rifletterci un po' sopra, a partire proprio da quest'ultima domanda.
Come in tutte le questioni complesse, la verità sta nel mezzo: se, da un lato, le università non devono diventare le "fucine" delle specifiche figure professionali richieste dalle imprese, dall'altra gli atenei dovrebbero muoversi anche in direzione delle competenze richieste dal mondo del lavoro. L'università è infatti nata, sin dal Medioevo, come un'istituzione che da un lato si proponeva di formare figure professionali altamente specializzate, e che dall'altro voleva essere un luogo in cui costruire e approfondire il sapere umano, indipendentemente dai risvolti pratici di questa ricerca. È difficile pensare che Galileo, quando conduceva esperimenti scientifici nei laboratori dell'Università di Padova, pensasse al proprio futuro professionale o alle richieste del "mondo del lavoro" del suo tempo: se così fosse stato, avrebbe fatto meglio a occuparsi di teologia, e noi non avremmo avuto la scienza moderna!
Vi è anche un altro fattore di cui tenere conto: spesso si imputa all'università, specialmente a quella italiana, di fornire una scarsa formazione pratica, e di darne una eccessivamente teorica. Un'altra lamentela riguarda i career service, giudicati spesso indaeguati e inoperosi. Questo discorso, ovviamente, meriterebbe una discussione a parte per ogni ateneo e per ogni facoltà del territorio nazionale, ma in linea di massima è un sentito dire abbastanza comune. Nonostante ciò, i laureati italiani sono ben visti all'estero: specialmente quelli che, nella loro formazione, hanno integrato alla robusta preparazione teorica progetti ed esperienze pratiche, risultano avere un profilo professionale più ampio e completo (e quindi più competitivo) di molti colleghi europei e mondiali. Per supportare queste affermazioni, sarà un bene dare un'occhiata ad alcuni dati.
Secondo un'indagine condotta da Almalaurea, fra i laureati italiani che lavorano all'estero, circa la metà stima che la propria preparazione sia uguale a quella dei colleghi, mentre il 42% ritiene che sia nettamente superiore.
Il fenomeno dell'emigrazione dei cervelli, in costante crescita ormai da anni, è dettato da offerte estere che si dimostrano più adeguate di quelle italiane, e ci dà un quadro abbastanza esaustivo della situazione: solo l'1,5% dei laureati italiani emigrati rimpiange la scelta fatta, e oltre l'80% se ne dichiara soddisfatto. Inoltre, c'è da aggiungere che lo stipendio medio di un laureato emigrato è di 774 euro in più rispetto a un collega rimasto in patria.
Da questi dati, pare che l'università italiana prepari adeguatamente i propri studenti al mondo del lavoro; il mismatch appare qui più colpa delle aziende, che non offrono ai laureati stipendi e benefits competitivi, e/o non investono nella formazione aziendale. A tal proposito, lascio qui un interessante stralcio del podcast di Breaking Italy con Giulia Pastorella, attualmente una politica italiana impegnata in Azione. Qui Giulia riporta la sua testimonianza su come il mondo del lavoro inglese dia maggiore importanza al mindset e allo spirito critico che ti forma l'università (quale che sia la facoltà scelta), più che alle specifiche competenze tecniche qui apprese.
Ovviamente, ci sono numerosi esempi "virtuosi" di aziende che investono sulla formazione dei talenti: è il caso dei Graduate Program offerti da Lidl, una nostra azienda partner di vecchia data, che offre queste opportunità formative nei settori Logistica o Vendite (per le quali ti puoi candidare anche da Tutored).
Eppure, ci sono altri dati di cui tener conto: quelli per cui, per esempio, il 46% degli studenti universitari e dei laureati ritiene che l'Università non prepari adeguatamente al mondo del lavoro.
Insomma, la verità sta nel mezzo, come si diceva all'inizio. Le "criticità" di questa situazione sono da risolvere perlopiù "ai piani alti", in un accordo fra aziende e università; un buon consiglio che ci sentiamo di dare agli attuali studenti per affrontarla allo stato attuale, è di iniziare a pensare all'università come parte di un percorso formativo più ampio, fatto di studio universitario ed extra-universitario (attraverso, per esempio, i corsi online gratuiti e a pagamento di Udemy, Coursera, NinjaAcademy, Facebook BluePrint, e così via), progetti pratici (in team e in autonomia), tirocini, esperienze all'estero e networking. In generale, non bisogna considerare mai conclusa la propria formazione. Oltre ai già citati corsi online, anche i Master Executive (notoriamente di taglio più "pratico" rispetto alle università) sono un'ottima strada per continuare a tenersi aggiornati sui trend e le novità della propria fetta di mercato del lavoro. Per quanto riguarda le competenze digitali, ci sentiamo di consigliare in particolar modo i percorsi proposti da Start2Impact, una start-up nostra partner che si occupa di formazione digitale, attraverso cui molti giovani (ma anche meno giovani) sono riusciti o a colmare alcune lacune tecniche della propria formazione, o addirittura a riconfigurare da zero la propria figura professionale. Grazie a una solida partnership con molte aziende, conoscono le principali competenze richieste da vari settori, e si focalizzano su quelle.
Tuto ciò, ovviamente, va fatto non sottovalutando l'importanza dello studio teorico: il background, la solidità delle conoscenze e una mentalità critica e proattiva lo possono dare solo una formazione teorica ampia e completa. Per colmare le lacune pratiche c'è sempre tempo, mentre per quanto riguarda quelle teoriche, se non ce ne siamo occupati durante l'università, la strada è più impervia. Specialmente durante il lavoro, che ci occupa molto tempo ed energie, e ci richiede più ore di operatività e produttività, che di studio e approfondimento, faremmo molta fatica a studiare la teoria di ciò di cui ci occupiamo.
Non è da dimenticare, inoltre, che lo studio paga: lo dimostra il report di Almalurea che sottolinea il maggior tasso di occupazione e il miglior livello di retribuzione dei laureati rispetto ai soli diplomati alla scuola secondaria di II grado (rispettivamente 78.9% contro 66.3%, e una retribuzione del 39% in media più alta). Inoltre, è forse superfluo dirlo, la formazione universitaria rappresenta un valore aggiunto irrinunciabile per ognuno di noi, dal punto di vista umano, culturale e di crescita personale.
Per concludere, non possiamo che consigliarvi caldamente di sfruttare Tutored, il ponte fra studenti, neolaureati e mondo del lavoro, in cui troverete migliaia di approfondimenti come questo, oltre che webinar e masterclass dedicate a specifiche competenze o specifici lavori, che vi aiuteranno ad orientarvi nei vostri primi passi verso il mondo del lavoro.
Come ben sa la nostra community di 500.000 studenti, in Tutored ci occupiamo di accompagnare dall'Università al mondo del lavoro universitari e neolaureati di tutte le facoltà. Oltre che attraverso webinar, masterclass e approfondimenti di vario genere, lo facciamo attraverso le proposte di stage e lavoro in linea con il loro percorso di studi che le oltre 250 aziende attive su tutored pubblicano ogni giorno.
La nostra mission è quindi chiara, e nasce da quello che per molti è un problema: il presunto gap fra l'università e il mondo del lavoro, che specialmente in Italia viene disegnato come una contrapposizione fra una robusta, ma fin troppo teorica preparazione universitaria e un mondo del lavoro che richiede competenze molto pratiche e specifiche, concretezza e una buona dose di previa esperienza. Insomma, troppa teoria e poca pratica per le università, richieste troppo specifiche delle aziende che non investono in formazione.
Ma questo gap esiste davvero? E se esiste, è eliminabile? Di chi è la responsabilità? Oppure, per la struttura stessa dell'università, è necessario che un po' ci sia?
Cerchiamo di rifletterci un po' sopra, a partire proprio da quest'ultima domanda.
Come in tutte le questioni complesse, la verità sta nel mezzo: se, da un lato, le università non devono diventare le "fucine" delle specifiche figure professionali richieste dalle imprese, dall'altra gli atenei dovrebbero muoversi anche in direzione delle competenze richieste dal mondo del lavoro. L'università è infatti nata, sin dal Medioevo, come un'istituzione che da un lato si proponeva di formare figure professionali altamente specializzate, e che dall'altro voleva essere un luogo in cui costruire e approfondire il sapere umano, indipendentemente dai risvolti pratici di questa ricerca. È difficile pensare che Galileo, quando conduceva esperimenti scientifici nei laboratori dell'Università di Padova, pensasse al proprio futuro professionale o alle richieste del "mondo del lavoro" del suo tempo: se così fosse stato, avrebbe fatto meglio a occuparsi di teologia, e noi non avremmo avuto la scienza moderna!
Vi è anche un altro fattore di cui tenere conto: spesso si imputa all'università, specialmente a quella italiana, di fornire una scarsa formazione pratica, e di darne una eccessivamente teorica. Un'altra lamentela riguarda i career service, giudicati spesso indaeguati e inoperosi. Questo discorso, ovviamente, meriterebbe una discussione a parte per ogni ateneo e per ogni facoltà del territorio nazionale, ma in linea di massima è un sentito dire abbastanza comune. Nonostante ciò, i laureati italiani sono ben visti all'estero: specialmente quelli che, nella loro formazione, hanno integrato alla robusta preparazione teorica progetti ed esperienze pratiche, risultano avere un profilo professionale più ampio e completo (e quindi più competitivo) di molti colleghi europei e mondiali. Per supportare queste affermazioni, sarà un bene dare un'occhiata ad alcuni dati.
Secondo un'indagine condotta da Almalaurea, fra i laureati italiani che lavorano all'estero, circa la metà stima che la propria preparazione sia uguale a quella dei colleghi, mentre il 42% ritiene che sia nettamente superiore.
Il fenomeno dell'emigrazione dei cervelli, in costante crescita ormai da anni, è dettato da offerte estere che si dimostrano più adeguate di quelle italiane, e ci dà un quadro abbastanza esaustivo della situazione: solo l'1,5% dei laureati italiani emigrati rimpiange la scelta fatta, e oltre l'80% se ne dichiara soddisfatto. Inoltre, c'è da aggiungere che lo stipendio medio di un laureato emigrato è di 774 euro in più rispetto a un collega rimasto in patria.
Da questi dati, pare che l'università italiana prepari adeguatamente i propri studenti al mondo del lavoro; il mismatch appare qui più colpa delle aziende, che non offrono ai laureati stipendi e benefits competitivi, e/o non investono nella formazione aziendale. A tal proposito, lascio qui un interessante stralcio del podcast di Breaking Italy con Giulia Pastorella, attualmente una politica italiana impegnata in Azione. Qui Giulia riporta la sua testimonianza su come il mondo del lavoro inglese dia maggiore importanza al mindset e allo spirito critico che ti forma l'università (quale che sia la facoltà scelta), più che alle specifiche competenze tecniche qui apprese.
Ovviamente, ci sono numerosi esempi "virtuosi" di aziende che investono sulla formazione dei talenti: è il caso dei Graduate Program offerti da Lidl, una nostra azienda partner di vecchia data, che offre queste opportunità formative nei settori Logistica o Vendite (per le quali ti puoi candidare anche da Tutored).
Eppure, ci sono altri dati di cui tener conto: quelli per cui, per esempio, il 46% degli studenti universitari e dei laureati ritiene che l'Università non prepari adeguatamente al mondo del lavoro.
Insomma, la verità sta nel mezzo, come si diceva all'inizio. Le "criticità" di questa situazione sono da risolvere perlopiù "ai piani alti", in un accordo fra aziende e università; un buon consiglio che ci sentiamo di dare agli attuali studenti per affrontarla allo stato attuale, è di iniziare a pensare all'università come parte di un percorso formativo più ampio, fatto di studio universitario ed extra-universitario (attraverso, per esempio, i corsi online gratuiti e a pagamento di Udemy, Coursera, NinjaAcademy, Facebook BluePrint, e così via), progetti pratici (in team e in autonomia), tirocini, esperienze all'estero e networking. In generale, non bisogna considerare mai conclusa la propria formazione. Oltre ai già citati corsi online, anche i Master Executive (notoriamente di taglio più "pratico" rispetto alle università) sono un'ottima strada per continuare a tenersi aggiornati sui trend e le novità della propria fetta di mercato del lavoro. Per quanto riguarda le competenze digitali, ci sentiamo di consigliare in particolar modo i percorsi proposti da Start2Impact, una start-up nostra partner che si occupa di formazione digitale, attraverso cui molti giovani (ma anche meno giovani) sono riusciti o a colmare alcune lacune tecniche della propria formazione, o addirittura a riconfigurare da zero la propria figura professionale. Grazie a una solida partnership con molte aziende, conoscono le principali competenze richieste da vari settori, e si focalizzano su quelle.
Tuto ciò, ovviamente, va fatto non sottovalutando l'importanza dello studio teorico: il background, la solidità delle conoscenze e una mentalità critica e proattiva lo possono dare solo una formazione teorica ampia e completa. Per colmare le lacune pratiche c'è sempre tempo, mentre per quanto riguarda quelle teoriche, se non ce ne siamo occupati durante l'università, la strada è più impervia. Specialmente durante il lavoro, che ci occupa molto tempo ed energie, e ci richiede più ore di operatività e produttività, che di studio e approfondimento, faremmo molta fatica a studiare la teoria di ciò di cui ci occupiamo.
Non è da dimenticare, inoltre, che lo studio paga: lo dimostra il report di Almalurea che sottolinea il maggior tasso di occupazione e il miglior livello di retribuzione dei laureati rispetto ai soli diplomati alla scuola secondaria di II grado (rispettivamente 78.9% contro 66.3%, e una retribuzione del 39% in media più alta). Inoltre, è forse superfluo dirlo, la formazione universitaria rappresenta un valore aggiunto irrinunciabile per ognuno di noi, dal punto di vista umano, culturale e di crescita personale.
Per concludere, non possiamo che consigliarvi caldamente di sfruttare Tutored, il ponte fra studenti, neolaureati e mondo del lavoro, in cui troverete migliaia di approfondimenti come questo, oltre che webinar e masterclass dedicate a specifiche competenze o specifici lavori, che vi aiuteranno ad orientarvi nei vostri primi passi verso il mondo del lavoro.