Published at 27 Jul 2020
Published at 27 Jul 2020
Partire in Erasmus e sentirsi al centro del mondo

Partire in Erasmus e sentirsi al centro del mondo


Partire in Erasmus e sentirsi al centro del mondo


Perché partire in Erasmus?


Ce lo sentiamo dire in continuazione: partire in Erasmus è una di quelle esperienze che fanno la differenza tra uno studente universitario e un cittadino del mondo. E’ oggetto dei racconti nostalgici di chi ci è stato e fonte di indicibili frustrazioni per chi, invece, è rimasto a casa e deve sorbirsi, anche dopo anni, i suddetti racconti pieni di “Ah, com’era più bello lì”. E non importa che il lì in questione fosse una piccola città sperduta nella campagna bulgara, nei racconti di chi ci ha fatto l’Erasmus sarà il centro del mondo e sarà comunque meglio di qualunque altro posto nell’universo. Molto spesso insomma mito e realtà si mescolano insieme, ma cos’è esattamente questo programma Erasmus e perché parteciparvi? Cerchiamo di scoprirlo insieme.


Partiamo dal nome, che già racchiude in sé la natura di questo progetto europeo. Erasmus, acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, è anche omaggio a quell’Erasmo da Rotterdam che trascorse periodi di studio in mezza Europa, antesignano (almeno nelle speranze) dei contemporanei studenti che si spostano in un’università all’estero per un periodo compreso fra 3 e 12 mesi.


Il programma Erasmus è quindi un programma di mobilità per studenti universitari che dà loro la possibilità di frequentare le lezioni e sostenere gli esami presso un’università straniera, offrendo anche contributi economici per aiutare lo studente a sostenere le spese della vita all’estero e assistenza per varie necessità.

Fin qui partire in Erasmus sembra un sogno, ma vale la pena sottolineare un paio di cose. Innanzitutto che la somma ricevuta è un contributo e che quindi non sarà sufficiente a coprire tutte le spese. Per non dire che molto spesso questi soldi arriveranno anche dopo, ad esperienza conclusa, con il risultato che nel frattempo ti sarai dovuto arrangiare da solo, spendendo parecchi soldi.


Tasto ancora più dolente, anche il riconoscimento degli esami fatti all’estero non è una cosa così automatica. Siccome le varie università europee non sono livellate su uno standard più o meno condiviso, capita spesso che il riconoscimento dei crediti acquisiti nel corso della permanenza all’estero sia difficoltoso e spesso parziale. Secondo un’indagine del 2010 condotta dall’ESN (la rete internazionale degli studenti Erasmus), solo il 73% dei partecipanti al programma Erasmus ottiene il riconoscimento totale degli esami fatti all’estero, mentre in molti casi il riconoscimento è parziale o subordinato ad ulteriori verifiche e/o  integrazioni. Queste sono dunque le difficoltà organizzative, ma va anche detto che le motivazioni per partire in Erasmus sono tante e tutte di facile intuizione.

Specie per chi ama viaggiare ma non ha mai avuto modo di fare un’esperienza di vita all’estero, partire in Erasmus significa poter conoscere davvero non solo una ma infinite realtà estranee alla propria. La realtà del paese ospitante e quella di tutti gli altri studenti Erasmus che, come te, si porteranno dietro il proprio bagaglio di culture, tradizioni e abitudini diverse. E significa poterlo fare senza essere abbandonati a sé stessi, usufruendo cioè dell’assistenza dell’università che ti ospita, avendo dei punti di riferimento che ti assisteranno nella burocrazia quotidiana e nelle varie difficoltà che potrai riscontrare.

Come ogni confronto con altre realtà, un periodo di studio all’estero ti dà delle enormi possibilità in termini accademici. Sarà un ottimo modo per testare le tue conoscenze, potrai conoscere approcci diversi alle materie che studi, metodi nuovi. Sarà affascinante poter guardare le cose da una prospettiva diversa e, perché no, con un po’ di fortuna potrai anche chiarirti le idee sul tuo futuro. Oltre all’arricchimento puramente accademico, poi, è cosa nota che partire in Erasmus allarghi i propri confini. E non parlo solo di geografia, mi riferisco anche all’imparare una lingua nuova e al miglioramento di tutte quelle soft skill che potranno arricchire te, oltre che il tuo curriculum. Abilità interpersonali e di adattamento, capacità di cooperazione, indipendenza e flessibilità sono tutti valori aggiunti e non di poco conto.

Specie se non hai mai vissuto da solo, poi, l’esperienza all’estero sarà un ottimo modo per crescere e imparare a stare al mondo, per conoscere i tuoi limiti e migliorarti come individuo e come parte di una comunità. Le testimonianze di chi è partito in Erasmus sono piene di entusiasmo e raccontano di esperienze di cambiamento più che positive. “L’esperienza più bella della mia vita” è la frase che risuona come un mantra per chi ritorna a casa diverso, con tanti nuovi amici, un po’ di tristezza nel cuore e una smania di viaggiare che non aveva mai conosciuto prima. E se l’hanno addirittura chiamata Sindrome da Erasmus un motivo ci sarà, no?

Valentina Buda


Tutored è il punto di incontro tra studenti, neolaureati e aziende. Entra nella community di tutored per esplorare tutte le opportunità di stage, lavoro e graduate program in linea con i tuoi studi, leggere i consigli dei recruiter delle aziende attive su tutored per prepararti al meglio al tuo prossimo colloquio. 

Partire in Erasmus e sentirsi al centro del mondo


Perché partire in Erasmus?


Ce lo sentiamo dire in continuazione: partire in Erasmus è una di quelle esperienze che fanno la differenza tra uno studente universitario e un cittadino del mondo. E’ oggetto dei racconti nostalgici di chi ci è stato e fonte di indicibili frustrazioni per chi, invece, è rimasto a casa e deve sorbirsi, anche dopo anni, i suddetti racconti pieni di “Ah, com’era più bello lì”. E non importa che il lì in questione fosse una piccola città sperduta nella campagna bulgara, nei racconti di chi ci ha fatto l’Erasmus sarà il centro del mondo e sarà comunque meglio di qualunque altro posto nell’universo. Molto spesso insomma mito e realtà si mescolano insieme, ma cos’è esattamente questo programma Erasmus e perché parteciparvi? Cerchiamo di scoprirlo insieme.


Partiamo dal nome, che già racchiude in sé la natura di questo progetto europeo. Erasmus, acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, è anche omaggio a quell’Erasmo da Rotterdam che trascorse periodi di studio in mezza Europa, antesignano (almeno nelle speranze) dei contemporanei studenti che si spostano in un’università all’estero per un periodo compreso fra 3 e 12 mesi.


Il programma Erasmus è quindi un programma di mobilità per studenti universitari che dà loro la possibilità di frequentare le lezioni e sostenere gli esami presso un’università straniera, offrendo anche contributi economici per aiutare lo studente a sostenere le spese della vita all’estero e assistenza per varie necessità.

Fin qui partire in Erasmus sembra un sogno, ma vale la pena sottolineare un paio di cose. Innanzitutto che la somma ricevuta è un contributo e che quindi non sarà sufficiente a coprire tutte le spese. Per non dire che molto spesso questi soldi arriveranno anche dopo, ad esperienza conclusa, con il risultato che nel frattempo ti sarai dovuto arrangiare da solo, spendendo parecchi soldi.


Tasto ancora più dolente, anche il riconoscimento degli esami fatti all’estero non è una cosa così automatica. Siccome le varie università europee non sono livellate su uno standard più o meno condiviso, capita spesso che il riconoscimento dei crediti acquisiti nel corso della permanenza all’estero sia difficoltoso e spesso parziale. Secondo un’indagine del 2010 condotta dall’ESN (la rete internazionale degli studenti Erasmus), solo il 73% dei partecipanti al programma Erasmus ottiene il riconoscimento totale degli esami fatti all’estero, mentre in molti casi il riconoscimento è parziale o subordinato ad ulteriori verifiche e/o  integrazioni. Queste sono dunque le difficoltà organizzative, ma va anche detto che le motivazioni per partire in Erasmus sono tante e tutte di facile intuizione.

Specie per chi ama viaggiare ma non ha mai avuto modo di fare un’esperienza di vita all’estero, partire in Erasmus significa poter conoscere davvero non solo una ma infinite realtà estranee alla propria. La realtà del paese ospitante e quella di tutti gli altri studenti Erasmus che, come te, si porteranno dietro il proprio bagaglio di culture, tradizioni e abitudini diverse. E significa poterlo fare senza essere abbandonati a sé stessi, usufruendo cioè dell’assistenza dell’università che ti ospita, avendo dei punti di riferimento che ti assisteranno nella burocrazia quotidiana e nelle varie difficoltà che potrai riscontrare.

Come ogni confronto con altre realtà, un periodo di studio all’estero ti dà delle enormi possibilità in termini accademici. Sarà un ottimo modo per testare le tue conoscenze, potrai conoscere approcci diversi alle materie che studi, metodi nuovi. Sarà affascinante poter guardare le cose da una prospettiva diversa e, perché no, con un po’ di fortuna potrai anche chiarirti le idee sul tuo futuro. Oltre all’arricchimento puramente accademico, poi, è cosa nota che partire in Erasmus allarghi i propri confini. E non parlo solo di geografia, mi riferisco anche all’imparare una lingua nuova e al miglioramento di tutte quelle soft skill che potranno arricchire te, oltre che il tuo curriculum. Abilità interpersonali e di adattamento, capacità di cooperazione, indipendenza e flessibilità sono tutti valori aggiunti e non di poco conto.

Specie se non hai mai vissuto da solo, poi, l’esperienza all’estero sarà un ottimo modo per crescere e imparare a stare al mondo, per conoscere i tuoi limiti e migliorarti come individuo e come parte di una comunità. Le testimonianze di chi è partito in Erasmus sono piene di entusiasmo e raccontano di esperienze di cambiamento più che positive. “L’esperienza più bella della mia vita” è la frase che risuona come un mantra per chi ritorna a casa diverso, con tanti nuovi amici, un po’ di tristezza nel cuore e una smania di viaggiare che non aveva mai conosciuto prima. E se l’hanno addirittura chiamata Sindrome da Erasmus un motivo ci sarà, no?

Valentina Buda


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