Con l’entrata in vigore del Decreto Rilancio è stata istituzionalizzata la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità. Questa mansione rientra all’interno di un più ampio progetto ministeriale di rafforzamento del sistema sanitario nazionale su base territoriale e di un nuovo Patto per la Salute da recepire su scala nazionale attraverso la conferenza Stato-Regioni.
La volontà delle istituzioni di ridare spazio al concetto di comunità e di territorio in ambito sanitario e socioassistenziale è il risultato di un processo iniziato molti anni prima dell’esplosione della pandemia da Covid19, i cui effetti hanno innegabilmente impresso una ulteriore accelerazione a queste riflessioni, anche a fronte dei limiti del modello di centralizzazione ospedaliera delle prestazioni sanitarie.
Già da molti anni l’OCSE sottolinea i benefici economici, organizzativi e gestionali che potrebbero derivare dall’istituzione su ogni territorio di gruppi di lavoro multiprofessionali composti da medici, infermieri, farmacisti in possesso di tecnologie digitali integrate che permettano lo scambio in tempo reale delle informazioni sanitarie al fine di attivare percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione più rapidi ed efficaci.
Nei territori dove sono partite alcune sperimentazioni le statistiche parlano di una riduzione degli accessi al pronto soccorso, senza tralasciare le indagini demoscopiche che hanno evidenziato che i cittadini vedono con grande favore una sanità più “vicina” alle famiglie (un infermiere in ogni quartiere, negli istituti comprensivi scolastici, negli ambulatori dei medici di base etc.).
Si tratta certamente di mettere in campo una vera e propria rivoluzione culturale nel modello di salute: da una medicina di assistenza ad una medicina di iniziativa, partecipativa e incentrata sulla persona e sulle comunità. Per portare avanti questo modello, ci vorranno importanti investimenti economici sia in termini di risorse umane che in termini di innovazione tecnologica (e-Health).
Ad oggi il Governo ha ipotizzato l’assunzione di circa 9600 infermieri di famiglia (circa uno ogni 6000 abitanti). Sul tipo di contratto e sulle tempistiche ancora non ci sono certezze. Ciò che è sicuro, è che in un contesto come quello stiamo vivendo, il monitoraggio e la presa in carico domiciliare dei pazienti affetti da coronavirus diventa strategico e impellente. Ma al di là della crisi contingente da Covid19, non possiamo dimenticarci di dati strutturali quali l’aumento dei pazienti disabili, anziani non autosufficienti, con patologie croniche o pluripatologici che nell’arco dei prossimi dieci anni potrebbe toccare la soglia di 8 milioni e per i quali vanno messa in campo azioni nel medio lungo termine.
Secondo la FNOPI l’infermiere di famiglia e di comunità sarà il professionista competente nella promozione della salute e in tutti i livelli di prevenzione e della presa in carico dal punto di vista infermieristico delle persone nel loro ambiente familiare e di vita e nella gestione partecipativa dei processi di salute individuali e della comunità. Secondo l’OMS l’infermieristica di famiglia è “un processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla”. Le aree di intervento dell’infermiere di famiglia e comunità dovranno essere: individuali e familiari con interventi diretti e indiretti sui singoli soggetti e sulle loro famiglie, gruppali quindi dirette a insiemi di persone che manifestano fabbisogni similari, comunitari con azioni a sostegno e prevenzione di intere comunità.
Alcune delle principali funzioni dell’infermiere di famiglia/comunità:
- Promuove e partecipa ad iniziative di prevenzione e promozione della salute e interventi formativi su singoli e gruppo
- Valuta lo stato di salute degli individui all’interno delle famiglie e delle comunità in tutto l’arco della vita
- Facilita gli utenti nella scelta dei migliori percorsi per l’accesso alle cure indirizzandoli verso i soggetti corretti sul territorio di riferimento
- Pianifica interventi assistenziali, promuove l’aderenza dei pazienti ai percorsi terapeutici, misura i risultati in termini di salute di questi percorsi
- Sostiene la continuità assistenziale tra ambito sanitario e ambito socioassistenziale
Per poter assolvere a questo ruolo l’infermieri di famiglia dovrà sviluppare competenze specifiche attraverso percorsi di formazione accademica post-laurea che dovranno essere uniformati a livello nazionale. Una sfida affascinante che rilancia la funziona infermieristica verso un orizzonte di vero e proprio “Care Management”.
La Divisione Medical di Gi Group Spa è attenta ai cambiamenti e alle evoluzioni del settore sanitario e socioassistenziale, e grazie a un know how maturato in oltre dieci anni di lavoro a fianco delle strutture sociosanitarie pubbliche e private in tutta Italia, potrà aiutarti al termine del tuo percorso accademico ad orientarti verso lo scenario professionale più adeguato alle tue potenzialità, alle tue attitudini e ai tuoi interessi.
Con l’entrata in vigore del Decreto Rilancio è stata istituzionalizzata la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità. Questa mansione rientra all’interno di un più ampio progetto ministeriale di rafforzamento del sistema sanitario nazionale su base territoriale e di un nuovo Patto per la Salute da recepire su scala nazionale attraverso la conferenza Stato-Regioni.
La volontà delle istituzioni di ridare spazio al concetto di comunità e di territorio in ambito sanitario e socioassistenziale è il risultato di un processo iniziato molti anni prima dell’esplosione della pandemia da Covid19, i cui effetti hanno innegabilmente impresso una ulteriore accelerazione a queste riflessioni, anche a fronte dei limiti del modello di centralizzazione ospedaliera delle prestazioni sanitarie.
Già da molti anni l’OCSE sottolinea i benefici economici, organizzativi e gestionali che potrebbero derivare dall’istituzione su ogni territorio di gruppi di lavoro multiprofessionali composti da medici, infermieri, farmacisti in possesso di tecnologie digitali integrate che permettano lo scambio in tempo reale delle informazioni sanitarie al fine di attivare percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione più rapidi ed efficaci.
Nei territori dove sono partite alcune sperimentazioni le statistiche parlano di una riduzione degli accessi al pronto soccorso, senza tralasciare le indagini demoscopiche che hanno evidenziato che i cittadini vedono con grande favore una sanità più “vicina” alle famiglie (un infermiere in ogni quartiere, negli istituti comprensivi scolastici, negli ambulatori dei medici di base etc.).
Si tratta certamente di mettere in campo una vera e propria rivoluzione culturale nel modello di salute: da una medicina di assistenza ad una medicina di iniziativa, partecipativa e incentrata sulla persona e sulle comunità. Per portare avanti questo modello, ci vorranno importanti investimenti economici sia in termini di risorse umane che in termini di innovazione tecnologica (e-Health).
Ad oggi il Governo ha ipotizzato l’assunzione di circa 9600 infermieri di famiglia (circa uno ogni 6000 abitanti). Sul tipo di contratto e sulle tempistiche ancora non ci sono certezze. Ciò che è sicuro, è che in un contesto come quello stiamo vivendo, il monitoraggio e la presa in carico domiciliare dei pazienti affetti da coronavirus diventa strategico e impellente. Ma al di là della crisi contingente da Covid19, non possiamo dimenticarci di dati strutturali quali l’aumento dei pazienti disabili, anziani non autosufficienti, con patologie croniche o pluripatologici che nell’arco dei prossimi dieci anni potrebbe toccare la soglia di 8 milioni e per i quali vanno messa in campo azioni nel medio lungo termine.
Secondo la FNOPI l’infermiere di famiglia e di comunità sarà il professionista competente nella promozione della salute e in tutti i livelli di prevenzione e della presa in carico dal punto di vista infermieristico delle persone nel loro ambiente familiare e di vita e nella gestione partecipativa dei processi di salute individuali e della comunità. Secondo l’OMS l’infermieristica di famiglia è “un processo che consente alle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e di migliorarla”. Le aree di intervento dell’infermiere di famiglia e comunità dovranno essere: individuali e familiari con interventi diretti e indiretti sui singoli soggetti e sulle loro famiglie, gruppali quindi dirette a insiemi di persone che manifestano fabbisogni similari, comunitari con azioni a sostegno e prevenzione di intere comunità.
Alcune delle principali funzioni dell’infermiere di famiglia/comunità:
- Promuove e partecipa ad iniziative di prevenzione e promozione della salute e interventi formativi su singoli e gruppo
- Valuta lo stato di salute degli individui all’interno delle famiglie e delle comunità in tutto l’arco della vita
- Facilita gli utenti nella scelta dei migliori percorsi per l’accesso alle cure indirizzandoli verso i soggetti corretti sul territorio di riferimento
- Pianifica interventi assistenziali, promuove l’aderenza dei pazienti ai percorsi terapeutici, misura i risultati in termini di salute di questi percorsi
- Sostiene la continuità assistenziale tra ambito sanitario e ambito socioassistenziale
Per poter assolvere a questo ruolo l’infermieri di famiglia dovrà sviluppare competenze specifiche attraverso percorsi di formazione accademica post-laurea che dovranno essere uniformati a livello nazionale. Una sfida affascinante che rilancia la funziona infermieristica verso un orizzonte di vero e proprio “Care Management”.
La Divisione Medical di Gi Group Spa è attenta ai cambiamenti e alle evoluzioni del settore sanitario e socioassistenziale, e grazie a un know how maturato in oltre dieci anni di lavoro a fianco delle strutture sociosanitarie pubbliche e private in tutta Italia, potrà aiutarti al termine del tuo percorso accademico ad orientarti verso lo scenario professionale più adeguato alle tue potenzialità, alle tue attitudini e ai tuoi interessi.