Joinrs è il punto di incontro tra studenti, profili junior e aziende: grazie al nostro modello di AI, aiutiamo i job seeker ad identificare e scoprire i migliori annunci in linea con le loro ambizioni. Contemporaneamente, oltre 150 aziende clienti portano avanti sulla nostra piattaforma strategie di employer branding e talent acquisition con l'obiettivo di attrarre i candidati più compatibili con i valori dell’azienda. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.
Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri più obiettivi professionali.
Beatrice ha affinato la sua mentalità critica attraverso gli studi in Giurisprudenza, con una particolare attenzione al diritto del lavoro e alla sociologia. Il suo interesse per il galateo ha arricchito la sua comprensione della comunicazione umana. Attualmente presso SCM, Beatrice sfrutta la sua versatilità e la sua passione per il cambiamento culturale. Gestisce con successo progetti inclusivi che coinvolgono tutte le generazioni, promuovendo la diversità e l'innovazione. Per Beatrice, mettere la persona al centro significa non solo comprendere le loro emozioni, ma anche aiutarle a scoprire il loro potenziale unico, contribuendo così a creare un ambiente di lavoro stimolante e inclusivo.
La ringraziamo ancora per il tempo che ci ha dedicato nel partecipare a questo progetto. Ora è arrivato il momento di leggere l’intervista!
Gli studi in Giurisprudenza mi hanno dato la forma mentis per cui non riesco a concepire l’applicazione di una procedura o la creazione di un processo, senza vederlo legato ad un contenuto profondo, concreto, studiato.
In particolare la specializzazione in diritto del lavoro mi ha dato modo di conoscere anche la storia e la sociologia del lavoro, materie che oltre alla legge in senso stretto, mi hanno fatta ragionare profondamente su come l’ambiente lavorativo e le aziende abbiano effetti diretti sulla società e nel mondo circostante. L’approfondimento degli studi sul galateo mi ha permesso di conoscere il vero senso e significato dei gesti che compiamo, che non sono altro che comunicazione diretta e indiretta. La commistione dei due percorsi mi ha permesso di cogliere sfumature delle persone a cui non avrei pensato, retaggi culturali, evolutivi, anche pregiudizi. Avendo scelto di lavorare nelle Risorse Umane e quindi per e con le persone, penso che abbracciare lo studio e il significato della vera accoglienza dell’Altro, sia fondamentale anche per dare al lavoro un’impronta “umanocentrica”.
In SCM ho trovato la giusta apertura che mi permette di mettere in campo la multipotenzialità e la trasversalità delle mie competenze e passioni. La mia giornata tipo è frutto di una pianificazione delle attività che viene fatta ad inizio anno, lasciando spazio anche agli imprevisti e alle nuove idee. Dato che mi trovo impegnata in più di un progetto, dò priorità alle attività che ne necessitano, cercando di non perdere mai “il filo”, ma ciò che mi piace davvero è vivere un ambiente rilassato, in cui non mancano le possibilità di confronto e qualche battuta. Il lavoro arduo, ma anche più stimolante è sul cambiamento culturale, che si può progettualizzare, ma senza dubbio si deve essere prima “portatori sani dell’esempio.
Mi sento molto fortunata a poter vivere la rara situazione della coesistenza di quattro generazioni nel mondo del lavoro, non capitava infatti dal 1600. La strategia da adottare è “banalmente” quella dell’inclusività, del riconoscimento delle diversità culturali e coscienzali di generazioni che possono essere “tipizzate” ma che non devono essere oggetto di “stereotipazione”.
In SCM abbiamo nominato un gruppo di “Employer Branding Ambassadors” che coinvolge dipendenti di tutte le generazioni e funzioni e che ci aiutano a raccontare all’esterno (ognuno secondo la propria visione generazionale e personale), la vita lavorativa e la propria attività. Il progetto è accompagnato da una serie di altre inziative di employer branding volte al cambiamento culturale, all’innovazione, all’evoluzione, cercando il più possibile di conservare i valori alla base ma adeguandoli alla contemporaneità, senza smettere di guardare al futuro. Le chiavi di tutto sono sempre la capacità comunicativa e relazionale, su cui dobbiamo lavorare e concentrarci in tutti i tipi di circostanza.
Credo che “mettere la persona al centro” non significhi solo riconoscere la risposta emotiva dei collaboratori, ma aiutarli ad esprimere un potenziale di cui spesso non sono neanche consapevoli ed attraverso quel potenziale, indurli a trovare la propria unicità ed esprimerla. Ci sarà sempre qualcuno più bravo di noi in un’attività, ma c’è sicuramente una caratteristica che contraddistingue la persona e che lascia un esempio anche qualora dovesse cambiare azienda e andare via. Se le persone riescono davvero ad “essere” ciò che fanno e a “fare ciò che sono”, sicuramente possono dare un esempio “insostituibile”, apportando valore aggiunto e risonanza con il resto delle persone che fanno parte dell’organizzazione.
Non ho avuto un percorso lineare, ma sono riuscita a costruire una professionalità diversificata e solida. Il consiglio che darei a chi si affaccia al mondo del lavoro è senza dubbio quello di “unire” e creare qualcosa di nuovo, di non avere paura di tentare e di non perdere il filo. Nella “nuova era del lavoro” ciò che è richiesto e valorizzato è proprio la coesistenza di capacità molteplici e dinamicità intellettuale, accompagnata da spirito di iniziativa, orientamento al risultato e capacità di progettualizzare. A volte si può non essere compresi o possono arrivare dei no, ma la resistenza al cambiamento pur creando frustrazione non deve essere bloccante. Trovare stimolo laddove ci si può scoraggiare è il differenziale per sviluppare una sana autostima.
Intervista a cura di Francesca Capozzo
Joinrs è il punto di incontro tra studenti, profili junior e aziende: grazie al nostro modello di AI, aiutiamo i job seeker ad identificare e scoprire i migliori annunci in linea con le loro ambizioni. Contemporaneamente, oltre 150 aziende clienti portano avanti sulla nostra piattaforma strategie di employer branding e talent acquisition con l'obiettivo di attrarre i candidati più compatibili con i valori dell’azienda. Se sei un’azienda e vuoi saperne di più, clicca qui.
Per conoscere il mondo Risorse Umane. Per chiacchierare e rubare qualche segreto del mestiere a professionisti che hanno da raccontare. Per lasciarvi ispirare. La raccolta di interviste di Joinrs a chi lavora in ambito HR nasce con questi tre obiettivi: ci auguriamo che nelle loro storie possiate trovare i consigli che cercate e la determinazione per iniziare (o proseguire) nella costruzione dei vostri più obiettivi professionali.
Beatrice ha affinato la sua mentalità critica attraverso gli studi in Giurisprudenza, con una particolare attenzione al diritto del lavoro e alla sociologia. Il suo interesse per il galateo ha arricchito la sua comprensione della comunicazione umana. Attualmente presso SCM, Beatrice sfrutta la sua versatilità e la sua passione per il cambiamento culturale. Gestisce con successo progetti inclusivi che coinvolgono tutte le generazioni, promuovendo la diversità e l'innovazione. Per Beatrice, mettere la persona al centro significa non solo comprendere le loro emozioni, ma anche aiutarle a scoprire il loro potenziale unico, contribuendo così a creare un ambiente di lavoro stimolante e inclusivo.
La ringraziamo ancora per il tempo che ci ha dedicato nel partecipare a questo progetto. Ora è arrivato il momento di leggere l’intervista!
Gli studi in Giurisprudenza mi hanno dato la forma mentis per cui non riesco a concepire l’applicazione di una procedura o la creazione di un processo, senza vederlo legato ad un contenuto profondo, concreto, studiato.
In particolare la specializzazione in diritto del lavoro mi ha dato modo di conoscere anche la storia e la sociologia del lavoro, materie che oltre alla legge in senso stretto, mi hanno fatta ragionare profondamente su come l’ambiente lavorativo e le aziende abbiano effetti diretti sulla società e nel mondo circostante. L’approfondimento degli studi sul galateo mi ha permesso di conoscere il vero senso e significato dei gesti che compiamo, che non sono altro che comunicazione diretta e indiretta. La commistione dei due percorsi mi ha permesso di cogliere sfumature delle persone a cui non avrei pensato, retaggi culturali, evolutivi, anche pregiudizi. Avendo scelto di lavorare nelle Risorse Umane e quindi per e con le persone, penso che abbracciare lo studio e il significato della vera accoglienza dell’Altro, sia fondamentale anche per dare al lavoro un’impronta “umanocentrica”.
In SCM ho trovato la giusta apertura che mi permette di mettere in campo la multipotenzialità e la trasversalità delle mie competenze e passioni. La mia giornata tipo è frutto di una pianificazione delle attività che viene fatta ad inizio anno, lasciando spazio anche agli imprevisti e alle nuove idee. Dato che mi trovo impegnata in più di un progetto, dò priorità alle attività che ne necessitano, cercando di non perdere mai “il filo”, ma ciò che mi piace davvero è vivere un ambiente rilassato, in cui non mancano le possibilità di confronto e qualche battuta. Il lavoro arduo, ma anche più stimolante è sul cambiamento culturale, che si può progettualizzare, ma senza dubbio si deve essere prima “portatori sani dell’esempio.
Mi sento molto fortunata a poter vivere la rara situazione della coesistenza di quattro generazioni nel mondo del lavoro, non capitava infatti dal 1600. La strategia da adottare è “banalmente” quella dell’inclusività, del riconoscimento delle diversità culturali e coscienzali di generazioni che possono essere “tipizzate” ma che non devono essere oggetto di “stereotipazione”.
In SCM abbiamo nominato un gruppo di “Employer Branding Ambassadors” che coinvolge dipendenti di tutte le generazioni e funzioni e che ci aiutano a raccontare all’esterno (ognuno secondo la propria visione generazionale e personale), la vita lavorativa e la propria attività. Il progetto è accompagnato da una serie di altre inziative di employer branding volte al cambiamento culturale, all’innovazione, all’evoluzione, cercando il più possibile di conservare i valori alla base ma adeguandoli alla contemporaneità, senza smettere di guardare al futuro. Le chiavi di tutto sono sempre la capacità comunicativa e relazionale, su cui dobbiamo lavorare e concentrarci in tutti i tipi di circostanza.
Credo che “mettere la persona al centro” non significhi solo riconoscere la risposta emotiva dei collaboratori, ma aiutarli ad esprimere un potenziale di cui spesso non sono neanche consapevoli ed attraverso quel potenziale, indurli a trovare la propria unicità ed esprimerla. Ci sarà sempre qualcuno più bravo di noi in un’attività, ma c’è sicuramente una caratteristica che contraddistingue la persona e che lascia un esempio anche qualora dovesse cambiare azienda e andare via. Se le persone riescono davvero ad “essere” ciò che fanno e a “fare ciò che sono”, sicuramente possono dare un esempio “insostituibile”, apportando valore aggiunto e risonanza con il resto delle persone che fanno parte dell’organizzazione.
Non ho avuto un percorso lineare, ma sono riuscita a costruire una professionalità diversificata e solida. Il consiglio che darei a chi si affaccia al mondo del lavoro è senza dubbio quello di “unire” e creare qualcosa di nuovo, di non avere paura di tentare e di non perdere il filo. Nella “nuova era del lavoro” ciò che è richiesto e valorizzato è proprio la coesistenza di capacità molteplici e dinamicità intellettuale, accompagnata da spirito di iniziativa, orientamento al risultato e capacità di progettualizzare. A volte si può non essere compresi o possono arrivare dei no, ma la resistenza al cambiamento pur creando frustrazione non deve essere bloccante. Trovare stimolo laddove ci si può scoraggiare è il differenziale per sviluppare una sana autostima.
Intervista a cura di Francesca Capozzo