Nella città di Huanggang, una delle più colpite dal coronavirus, è stata attivata una piattaforma di telemedicina, basata sul 5G, per 14 ospedali designati per la lotta contro il COVID-19. La piattaforma consente di effettuare consulti e diagnosi da remoto, oltre che formazione e videoconferenze tra i medici degli ospedali di Huanggang e quelli delle principali istituzioni sanitarie di Wuhan. La piattaforma agevolerà la tempestività delle decisioni e aiuterà a ridurre la pressione sulle limitate risorse mediche di Huanggang.
Coronavirus e Telemedicina in Italia: aumentano teleconsulto e televisite?
Negli ultimi giorni, proprio a causa del diffondersi del coronavirus anche in Italia, si è sentito tanto parlare di smart working, e-learning, home schooling, ma anche di telemedicina. Le applicazioni che possono essere più utili in un contesto di emergenza come questo sono il teleconsulto tra medici, come nel caso cinese, oppure la televisita: quest’ultima consente ai pazienti che non possono recarsi presso lo studio medico di ricevere un consulto medico a distanza attraverso soluzioni certificate e dedicate a questo scopo.
Ad oggi queste applicazioni sono però ancora poco diffuse in Italia. Secondo l’ultima ricerca dell’Osservatorio Innovazione digitale in Sanità emerge che solo il 4% dei medici specialisti e il 3% dei Medici di Medicina Generale hanno utilizzato soluzioni di televisita, nonostante l’interesse per questo tipo di servizio sia elevato (rispettivamente il 38% e il 50% vorrebbero utilizzarle).
Se invece consideriamo altri strumenti di comunicazione medico-paziente, solo il 10% dei medici specialisti e il 18% dei MMG utilizza piattaforme di comunicazione certificate, nonostante ci sia un forte interesse verso questi strumenti. Molto più diffusi gli strumenti “consumer” che, tuttavia, non nascono per questo scopo e non dovrebbero essere utilizzati per condividere informazioni “sensibili”: il 57% dei medici specialisti e il 64% dei MMG utilizza WhatsApp e lo fa per condividere documenti (67% in entrambi i casi) e informazioni di natura clinica (60% e 57%) con i propri pazienti.
Il 5G a servizio della Telemedicina
Se da un lato il mercato della telemedicina in Italia è ancora oggi limitato e stenta a decollare, dall’altro le stime che arrivano da oltreoceano sembrano molto ottimiste. Secondo il Market Research Future, si prevede che il mercato americano della telemedicina crescerà di oltre il 16% annuo dal 2017 al 2023, anche grazie al 5G che, con velocità di connessione più elevate e minore latenza, consentirà ai medici effettuare diagnosi ai pazienti attraverso video in alta definizione.
Oltre alle visite e ai consulti a distanza, la tecnologia 5G potrebbe fare grossi passi avanti nell’ambito della telechirurgia. Sempre in Cina, lo scorso anno, è stato possibile impiantare un neurostimolatore nel cervello del paziente che si trovava a 3000 km di distanza dal medico. In Italia, l’applicazione del 5G al settore della Sanità è ancora in fase sperimentale: lo scorso ottobre è stato condotto un intervento di microchirurgia da remoto su un modello di laringe sintetica all’Ospedale San Raffaele.
Certamente il 5G potrebbe abilitare nuovi servizi di telemedicina, ma ad oggi il modello di “cura a distanza” non riesce a decollare principalmente per due motivi: il primo riguarda la mancanza di tariffe, definite a livello nazionale, per prestazioni effettuate da remoto; il secondo ha a che fare, invece, con la cultura ancora “poco digitale” di medici e cittadini.
Bene, quindi, che se ne parli in questi giorni di emergenza, ma occorre creare le condizioni affinché non sia solo una moda del momento, ma una pratica diffusa!
Chiara Sgarbossa (Direttore Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità)
Nella città di Huanggang, una delle più colpite dal coronavirus, è stata attivata una piattaforma di telemedicina, basata sul 5G, per 14 ospedali designati per la lotta contro il COVID-19. La piattaforma consente di effettuare consulti e diagnosi da remoto, oltre che formazione e videoconferenze tra i medici degli ospedali di Huanggang e quelli delle principali istituzioni sanitarie di Wuhan. La piattaforma agevolerà la tempestività delle decisioni e aiuterà a ridurre la pressione sulle limitate risorse mediche di Huanggang.
Coronavirus e Telemedicina in Italia: aumentano teleconsulto e televisite?
Negli ultimi giorni, proprio a causa del diffondersi del coronavirus anche in Italia, si è sentito tanto parlare di smart working, e-learning, home schooling, ma anche di telemedicina. Le applicazioni che possono essere più utili in un contesto di emergenza come questo sono il teleconsulto tra medici, come nel caso cinese, oppure la televisita: quest’ultima consente ai pazienti che non possono recarsi presso lo studio medico di ricevere un consulto medico a distanza attraverso soluzioni certificate e dedicate a questo scopo.
Ad oggi queste applicazioni sono però ancora poco diffuse in Italia. Secondo l’ultima ricerca dell’Osservatorio Innovazione digitale in Sanità emerge che solo il 4% dei medici specialisti e il 3% dei Medici di Medicina Generale hanno utilizzato soluzioni di televisita, nonostante l’interesse per questo tipo di servizio sia elevato (rispettivamente il 38% e il 50% vorrebbero utilizzarle).
Se invece consideriamo altri strumenti di comunicazione medico-paziente, solo il 10% dei medici specialisti e il 18% dei MMG utilizza piattaforme di comunicazione certificate, nonostante ci sia un forte interesse verso questi strumenti. Molto più diffusi gli strumenti “consumer” che, tuttavia, non nascono per questo scopo e non dovrebbero essere utilizzati per condividere informazioni “sensibili”: il 57% dei medici specialisti e il 64% dei MMG utilizza WhatsApp e lo fa per condividere documenti (67% in entrambi i casi) e informazioni di natura clinica (60% e 57%) con i propri pazienti.
Il 5G a servizio della Telemedicina
Se da un lato il mercato della telemedicina in Italia è ancora oggi limitato e stenta a decollare, dall’altro le stime che arrivano da oltreoceano sembrano molto ottimiste. Secondo il Market Research Future, si prevede che il mercato americano della telemedicina crescerà di oltre il 16% annuo dal 2017 al 2023, anche grazie al 5G che, con velocità di connessione più elevate e minore latenza, consentirà ai medici effettuare diagnosi ai pazienti attraverso video in alta definizione.
Oltre alle visite e ai consulti a distanza, la tecnologia 5G potrebbe fare grossi passi avanti nell’ambito della telechirurgia. Sempre in Cina, lo scorso anno, è stato possibile impiantare un neurostimolatore nel cervello del paziente che si trovava a 3000 km di distanza dal medico. In Italia, l’applicazione del 5G al settore della Sanità è ancora in fase sperimentale: lo scorso ottobre è stato condotto un intervento di microchirurgia da remoto su un modello di laringe sintetica all’Ospedale San Raffaele.
Certamente il 5G potrebbe abilitare nuovi servizi di telemedicina, ma ad oggi il modello di “cura a distanza” non riesce a decollare principalmente per due motivi: il primo riguarda la mancanza di tariffe, definite a livello nazionale, per prestazioni effettuate da remoto; il secondo ha a che fare, invece, con la cultura ancora “poco digitale” di medici e cittadini.
Bene, quindi, che se ne parli in questi giorni di emergenza, ma occorre creare le condizioni affinché non sia solo una moda del momento, ma una pratica diffusa!
Chiara Sgarbossa (Direttore Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità)