Osservatori Digital Innovation

Pubblicato il 17 Apr 2020
Pubblicato il 17 Apr 2020
A prova di Smart Working

A prova di Smart Working


Nell’ultimo mese, l’emergenza sanitaria legata al coronavirus ha rinchiuso in casa tutti gli italiani che, di riflesso, si sono affidati completamente a Internet. Smart working, lezioni scolastiche in videoconferenza, informazioni sempre aggiornate, ma anche video streaming, videogiochi online, social network, video-aperitivi.

Tutto questo in un Paese colorato dalle sue bellezze e dalle sue fragilità, dal suo forte carattere e dalla sua perenne instabilità, nel quale fino all’altro ieri si discuteva di digital divide, mancanza di investimenti nelle infrastrutture, ritardo cronico nei servizi digitali. Sia chiaro, nulla (o poco) è cambiato. Ma questa emergenza se non altro sta effettuando una sorta di “stress test” al nostro paese digitale. Ed ecco che la rete riesce ad assorbire i picchi di consumo, che vedono video streaming e videogames in forte aumento, capaci di occupare insieme circa il 65% del volume di dati giornalieri.

La risposta "digitale" all'emergenza
In mezzo a mille difficoltà, anche la scuola riesce a organizzarsi online, a laureare a distanza e a effettuare videolezioni. La voglia di socialità tipica italiana si traduce in videoaperitivi, giochi di società in chat e una serie infinita di challenge che prendono piede su qualsiasi social. E anche lo smart working, in quelle situazioni in cui è possibile, sembra finalmente (e forzatamente) essere scoperto e apprezzato da molte aziende.

Cosa lascerà quindi questa emergenza al mondo digitale? Se non altro la consapevolezza che il digitale può essere utile in moltissime situazioni, velocizzare, rendere efficiente e anche migliorare molti processi lavorativi, aiutarci ad equilibrare il rapporto tra vita lavorativa e vita familiare. E anche la percezione che il digital divide sia non solo infrastrutturale, ma soprattutto culturale.

Andrea Lamperti (Direttore dell’Osservatorio Internet Media e Digital Content)

Nell’ultimo mese, l’emergenza sanitaria legata al coronavirus ha rinchiuso in casa tutti gli italiani che, di riflesso, si sono affidati completamente a Internet. Smart working, lezioni scolastiche in videoconferenza, informazioni sempre aggiornate, ma anche video streaming, videogiochi online, social network, video-aperitivi.

Tutto questo in un Paese colorato dalle sue bellezze e dalle sue fragilità, dal suo forte carattere e dalla sua perenne instabilità, nel quale fino all’altro ieri si discuteva di digital divide, mancanza di investimenti nelle infrastrutture, ritardo cronico nei servizi digitali. Sia chiaro, nulla (o poco) è cambiato. Ma questa emergenza se non altro sta effettuando una sorta di “stress test” al nostro paese digitale. Ed ecco che la rete riesce ad assorbire i picchi di consumo, che vedono video streaming e videogames in forte aumento, capaci di occupare insieme circa il 65% del volume di dati giornalieri.

La risposta "digitale" all'emergenza
In mezzo a mille difficoltà, anche la scuola riesce a organizzarsi online, a laureare a distanza e a effettuare videolezioni. La voglia di socialità tipica italiana si traduce in videoaperitivi, giochi di società in chat e una serie infinita di challenge che prendono piede su qualsiasi social. E anche lo smart working, in quelle situazioni in cui è possibile, sembra finalmente (e forzatamente) essere scoperto e apprezzato da molte aziende.

Cosa lascerà quindi questa emergenza al mondo digitale? Se non altro la consapevolezza che il digitale può essere utile in moltissime situazioni, velocizzare, rendere efficiente e anche migliorare molti processi lavorativi, aiutarci ad equilibrare il rapporto tra vita lavorativa e vita familiare. E anche la percezione che il digital divide sia non solo infrastrutturale, ma soprattutto culturale.

Andrea Lamperti (Direttore dell’Osservatorio Internet Media e Digital Content)