Tutored è il punto di incontro tra studenti, giovani laureati e aziende. All’interno della nostra piattaforma, gli utenti possono scoprire gli sbocchi lavorativi in base al loro percorso di studio, esplorare le aziende e candidarsi alle numerose opportunità di stage, lavoro e graduate program.
All’interno della piattaforma, ci piace raccontare le storie di giovani talenti che hanno fatto un percorso di studio brillante e oggi lavorano presso importanti realtà.
Ho sempre avuto una passione per “l’estero”. Da bambina e adolescente sono stata molto fortunata ad avere una famiglia che mi ha fatto viaggiare molto, e credo che più viaggi e vedi il mondo e più vuoi esserne parte. Avendo sempre avuto questa attitudine, trasmessa culturalmente anche dai miei genitori, ho sempre pensato che una parte della mia vita sarebbe stata all’estero, lo vedevo come uno sbocco naturale.
Durante le superiori il mio sogno più grande era quello di andare in un’università americana, ma diciamo che la burocrazia del processo di ammissione mi ha un po’ scoraggiata. Per questo ho deciso di fare il test di ammissione a Trento, miglior università pubblica italiana sotto vari aspetti.
A Trento mi sono trovata così bene che non ho sentito l’esigenza di fare un Erasmus, anche se non mi sono voluta privare della prima esperienza all’estero: un tirocinio di due mesi ad Oslo. E’ stata la prima volta in cui sono stata completamente sola in un paese in cui si parlava una lingua diversissima dalla mia, a cavarmela da sola. Questi due mesi mi hanno fatta innamorare della Scandinavia, una regione così organizzata e pulita, ma anche molto giovane e viva, ed è per questo che nel momento di scegliere come proseguire gli studi ho optato per la Copenhagen Business School. Non sapevo quante chance avessi di entrare, ma per fortuna è andata bene. Una volta lì, ho scoperto avrei avuto la possibilità, volendo, di fare uno scambio all’estero: per me e tutti i miei amici / familiari era molto strano, perché andare in un’università estera sembra già di per sé un Erasmus. Però la mia voglia di viaggiare e scoprire posti nuovi non si era esaurita e quando ho saputo che sarei potuta andare in una Business School nel centro di Parigi non ho saputo resistere.
Credo che avere un percorso internazionale, sia che si tratti di studio o di lavoro, sia molto importante, perché, sembrerà banale, ma avere a che fare quotidianamente con persone di un’altra lingua e cultura porta una serie di sfide e spinge ad un’evoluzione personale che non si potrebbe avere nella propria “comfort zone”. Si hanno esperienze che non si possono studiare sui libri e si impara veramente l’arte dell’arrangiarsi e del risolvere qualunque situazione, perché non si può fare altrimenti. Certamente questo tipo di percorso secondo me è particolarmente indicato a chi mira a lavorare in multinazionali o grandi aziende che si interfacciano spesso con l’estero (e c’è da dire che oggi giorno è il caso di quasi tutte le aziende), perché si ha una marcia in più, si è a proprio agio a relazionarsi con persone “diverse” e in una lingua diversa, quindi io lo consiglio caldamente.
Diciamo che durante la mia carriera universitaria non ho mai avuto molto tempo da dedicare ad altro che non fosse lo studio e la vita sociale “in senso stretto”, ma una cosa a cui non ho saputo rinunciare è stata la pallavolo.
Finito il liceo pensavo che trasferendomi in una nuova città avrei dovuto abbandonare questo sport che pratico da quando avevo 11 anni. Invece a Trento ho giocato prima in un campionato di serie C di una squadra locale e poi nella squadra dell’università. Credo che questa attività sia stata davvero importante per me e la mia carriera in triennale, perché da un lato far parte di una squadra locale significa conoscere persone del luogo con cui diversamente non avrei avuto molto a che fare (si sa che gli studenti locali fanno più difficilmente amicizia con i fuori sede che tornano a casa i weekend) e dall’altro far parte della squadra dell’università mi ha dato un senso di appartenenza che mi porto ancora dentro.
Il mio consiglio è quello di non fare un’attività extra-scolastica al solo fine di arricchire il CV, certo, anche quello è importante, ma per me è fondamentale fare qualcosa che faccia stare bene, aiuti a staccare dallo studio in modo da essere ancora più produttivi il giorno seguente e crei dei legami che durino nel tempo.
In Lavazza ci sono arrivata veramente per caso, e mi ritengo molto fortunata per questo. Stavo completando il mio semestre a Parigi, il terzo di magistrale. Il quarto semestre, da curriculum, sarebbe stato dedicato completamente alla tesi, non ci sarebbero state lezioni, quindi ho deciso di cercare un tirocinio da affiancare alla stesura della tesi.
Ho mandato variate candidature attraverso i siti appositi e poi ho iniziato a cercare le posizioni aperte direttamente nei siti delle aziende in cui mi interessava lavorare, tra cui Lavazza. Mi sono candidata attraverso il sito (cosa che consiglio fortemente) per una posizione molto generica: “Marketing intern”, non c’era altra descrizione, quindi non sapevo nemmeno come approcciarmi.
Dopo qualche giorno, sono stata contattata dalla responsabile dei tirocini alle risorse umane, che chiedeva la disponibilità per un colloquio. Essendo io ancora a Parigi, il colloquio è venuto via Skype call. Mi sono state fatte domande di approfondimento sul mio CV e testata la competenza linguistica inglese (facendomi descrivere qualcosa a mio piacimento in questa lingua).
Successivamente, sono stata ri-contattata per effettuare un colloquio (sempre via Skype) con quello che sarebbe stato, se tutto fosse andato bene, il mio futuro manager. L’orario stabilito per la chiamata non era negoziabile, e io a quello stesso orario avevo un esame orale all’università. Ho avvisato il mio professore e la mia classe ed è stato fermato l’esame per i 20 minuti di durata del colloquio, con tutti che facevano il tifo per me, è stato molto bello. Il mio futuro manager mi ha chiesto un po’ di me e proposto degli esempi di situazioni a cui avrei dovuto trovare una soluzione. Dopo un paio di giorni, mentre passeggiavo per l’ultima volta per le vie di Parigi, ho avuto la notizia che ero stata scelta.
Penso che la definizione di Marketing Specialist dipenda da azienda ad azienda, ma per quanto mi riguarda me non potrei essere più contenta. in Lavazza un Marketing Specialist è qualcuno che aiuta il Marketing Manager ad applicare tutte le possibili strategie di marketing in un mercato.
In sostanza, c’è quello che viene definito “Marketing centrale” che sviluppa i prodotti, le campagne (TV, social, digital, …), fornisce linee guida per ogni tipo di implementazione, e io e il mio team applichiamo il tutto alle nostre geografie di riferimento.
Nello specifico, io mi occupo sia di ATL (approvazione di piani TV e digital, realizzazione di campagne social ad hoc, come ad esempio l’utilizzo di influencers) e BTL (implementazione di visibilità nei supermercati, come i display tra una corsia e l’altra, o nell’e-commerce, come ad esempio i banner promozionali; organizzazione e realizzazione di eventi, partecipazione a fiere di settore, …). A tutte queste attività si sommano anche la definizione del giusto portfolio, assortimento e prezzi per ogni Paese e canale in cui operiamo, il budgeting, le analisi di mercato.
Come scritto sopra, un consiglio è decisamente quello di fare domanda attraverso l’apposito portale del sito Lavazza: le domande arrivate da questo portale hanno un accesso prioritario. Inoltre, consiglio di controllare quotidianamente o comunque spesso la pubblicazione di nuovi annunci: i colloqui iniziano ad essere fatti subito, quindi se un candidato risulta idoneo dopo pochi giorni l’annuncio viene chiuso. In aggiunta ai consigli più “pratici” vorrei anche dire che, nonostante Lavazza sia una grande azienda presente sul mercato da oltre 120 anni, è molto giovane al suo interno. Il talento, la voglia di fare, la passione e l’energia vengono decisamente riconosciuti ed è quello che alla fine paga. E’ un’azienda che vuole “formare”, quindi più che portare conoscenze e processi al colloquio consiglio di portare la curiosità e la voglia di fare.
A tutti quelli che vogliono lavorare nel marketing, innanzitutto consiglio di fare un percorso di studi coerente, perché comunque è qualcosa di cui si tiene conto. In seconda battuta consiglio di avere un animo curioso e aperto all’innovazione, perché alla fine il marketing è questo: supportare le vendite in modi sempre più strabilianti e innovativi. Infine, consiglio di fare delle esperienze lavorative, anche brevi, mentre si è all’università, perché il mondo lavorativo di oggi ha un’offerta di neo-laureati enorme, ma la domanda purtroppo è sempre meno: senza dubbio viene privilegiato chi ha un po’ di esperienza, soprattutto all’estero.
Sei un recruiter? Scopri come digitalizzare le strategie di employer branding e recruiting della tua azienda grazia a tutored. Attrai e assumi giovani talenti: scopri Tutored Business.
Tutored è il punto di incontro tra studenti, giovani laureati e aziende. All’interno della nostra piattaforma, gli utenti possono scoprire gli sbocchi lavorativi in base al loro percorso di studio, esplorare le aziende e candidarsi alle numerose opportunità di stage, lavoro e graduate program.
All’interno della piattaforma, ci piace raccontare le storie di giovani talenti che hanno fatto un percorso di studio brillante e oggi lavorano presso importanti realtà.
Ho sempre avuto una passione per “l’estero”. Da bambina e adolescente sono stata molto fortunata ad avere una famiglia che mi ha fatto viaggiare molto, e credo che più viaggi e vedi il mondo e più vuoi esserne parte. Avendo sempre avuto questa attitudine, trasmessa culturalmente anche dai miei genitori, ho sempre pensato che una parte della mia vita sarebbe stata all’estero, lo vedevo come uno sbocco naturale.
Durante le superiori il mio sogno più grande era quello di andare in un’università americana, ma diciamo che la burocrazia del processo di ammissione mi ha un po’ scoraggiata. Per questo ho deciso di fare il test di ammissione a Trento, miglior università pubblica italiana sotto vari aspetti.
A Trento mi sono trovata così bene che non ho sentito l’esigenza di fare un Erasmus, anche se non mi sono voluta privare della prima esperienza all’estero: un tirocinio di due mesi ad Oslo. E’ stata la prima volta in cui sono stata completamente sola in un paese in cui si parlava una lingua diversissima dalla mia, a cavarmela da sola. Questi due mesi mi hanno fatta innamorare della Scandinavia, una regione così organizzata e pulita, ma anche molto giovane e viva, ed è per questo che nel momento di scegliere come proseguire gli studi ho optato per la Copenhagen Business School. Non sapevo quante chance avessi di entrare, ma per fortuna è andata bene. Una volta lì, ho scoperto avrei avuto la possibilità, volendo, di fare uno scambio all’estero: per me e tutti i miei amici / familiari era molto strano, perché andare in un’università estera sembra già di per sé un Erasmus. Però la mia voglia di viaggiare e scoprire posti nuovi non si era esaurita e quando ho saputo che sarei potuta andare in una Business School nel centro di Parigi non ho saputo resistere.
Credo che avere un percorso internazionale, sia che si tratti di studio o di lavoro, sia molto importante, perché, sembrerà banale, ma avere a che fare quotidianamente con persone di un’altra lingua e cultura porta una serie di sfide e spinge ad un’evoluzione personale che non si potrebbe avere nella propria “comfort zone”. Si hanno esperienze che non si possono studiare sui libri e si impara veramente l’arte dell’arrangiarsi e del risolvere qualunque situazione, perché non si può fare altrimenti. Certamente questo tipo di percorso secondo me è particolarmente indicato a chi mira a lavorare in multinazionali o grandi aziende che si interfacciano spesso con l’estero (e c’è da dire che oggi giorno è il caso di quasi tutte le aziende), perché si ha una marcia in più, si è a proprio agio a relazionarsi con persone “diverse” e in una lingua diversa, quindi io lo consiglio caldamente.
Diciamo che durante la mia carriera universitaria non ho mai avuto molto tempo da dedicare ad altro che non fosse lo studio e la vita sociale “in senso stretto”, ma una cosa a cui non ho saputo rinunciare è stata la pallavolo.
Finito il liceo pensavo che trasferendomi in una nuova città avrei dovuto abbandonare questo sport che pratico da quando avevo 11 anni. Invece a Trento ho giocato prima in un campionato di serie C di una squadra locale e poi nella squadra dell’università. Credo che questa attività sia stata davvero importante per me e la mia carriera in triennale, perché da un lato far parte di una squadra locale significa conoscere persone del luogo con cui diversamente non avrei avuto molto a che fare (si sa che gli studenti locali fanno più difficilmente amicizia con i fuori sede che tornano a casa i weekend) e dall’altro far parte della squadra dell’università mi ha dato un senso di appartenenza che mi porto ancora dentro.
Il mio consiglio è quello di non fare un’attività extra-scolastica al solo fine di arricchire il CV, certo, anche quello è importante, ma per me è fondamentale fare qualcosa che faccia stare bene, aiuti a staccare dallo studio in modo da essere ancora più produttivi il giorno seguente e crei dei legami che durino nel tempo.
In Lavazza ci sono arrivata veramente per caso, e mi ritengo molto fortunata per questo. Stavo completando il mio semestre a Parigi, il terzo di magistrale. Il quarto semestre, da curriculum, sarebbe stato dedicato completamente alla tesi, non ci sarebbero state lezioni, quindi ho deciso di cercare un tirocinio da affiancare alla stesura della tesi.
Ho mandato variate candidature attraverso i siti appositi e poi ho iniziato a cercare le posizioni aperte direttamente nei siti delle aziende in cui mi interessava lavorare, tra cui Lavazza. Mi sono candidata attraverso il sito (cosa che consiglio fortemente) per una posizione molto generica: “Marketing intern”, non c’era altra descrizione, quindi non sapevo nemmeno come approcciarmi.
Dopo qualche giorno, sono stata contattata dalla responsabile dei tirocini alle risorse umane, che chiedeva la disponibilità per un colloquio. Essendo io ancora a Parigi, il colloquio è venuto via Skype call. Mi sono state fatte domande di approfondimento sul mio CV e testata la competenza linguistica inglese (facendomi descrivere qualcosa a mio piacimento in questa lingua).
Successivamente, sono stata ri-contattata per effettuare un colloquio (sempre via Skype) con quello che sarebbe stato, se tutto fosse andato bene, il mio futuro manager. L’orario stabilito per la chiamata non era negoziabile, e io a quello stesso orario avevo un esame orale all’università. Ho avvisato il mio professore e la mia classe ed è stato fermato l’esame per i 20 minuti di durata del colloquio, con tutti che facevano il tifo per me, è stato molto bello. Il mio futuro manager mi ha chiesto un po’ di me e proposto degli esempi di situazioni a cui avrei dovuto trovare una soluzione. Dopo un paio di giorni, mentre passeggiavo per l’ultima volta per le vie di Parigi, ho avuto la notizia che ero stata scelta.
Penso che la definizione di Marketing Specialist dipenda da azienda ad azienda, ma per quanto mi riguarda me non potrei essere più contenta. in Lavazza un Marketing Specialist è qualcuno che aiuta il Marketing Manager ad applicare tutte le possibili strategie di marketing in un mercato.
In sostanza, c’è quello che viene definito “Marketing centrale” che sviluppa i prodotti, le campagne (TV, social, digital, …), fornisce linee guida per ogni tipo di implementazione, e io e il mio team applichiamo il tutto alle nostre geografie di riferimento.
Nello specifico, io mi occupo sia di ATL (approvazione di piani TV e digital, realizzazione di campagne social ad hoc, come ad esempio l’utilizzo di influencers) e BTL (implementazione di visibilità nei supermercati, come i display tra una corsia e l’altra, o nell’e-commerce, come ad esempio i banner promozionali; organizzazione e realizzazione di eventi, partecipazione a fiere di settore, …). A tutte queste attività si sommano anche la definizione del giusto portfolio, assortimento e prezzi per ogni Paese e canale in cui operiamo, il budgeting, le analisi di mercato.
Come scritto sopra, un consiglio è decisamente quello di fare domanda attraverso l’apposito portale del sito Lavazza: le domande arrivate da questo portale hanno un accesso prioritario. Inoltre, consiglio di controllare quotidianamente o comunque spesso la pubblicazione di nuovi annunci: i colloqui iniziano ad essere fatti subito, quindi se un candidato risulta idoneo dopo pochi giorni l’annuncio viene chiuso. In aggiunta ai consigli più “pratici” vorrei anche dire che, nonostante Lavazza sia una grande azienda presente sul mercato da oltre 120 anni, è molto giovane al suo interno. Il talento, la voglia di fare, la passione e l’energia vengono decisamente riconosciuti ed è quello che alla fine paga. E’ un’azienda che vuole “formare”, quindi più che portare conoscenze e processi al colloquio consiglio di portare la curiosità e la voglia di fare.
A tutti quelli che vogliono lavorare nel marketing, innanzitutto consiglio di fare un percorso di studi coerente, perché comunque è qualcosa di cui si tiene conto. In seconda battuta consiglio di avere un animo curioso e aperto all’innovazione, perché alla fine il marketing è questo: supportare le vendite in modi sempre più strabilianti e innovativi. Infine, consiglio di fare delle esperienze lavorative, anche brevi, mentre si è all’università, perché il mondo lavorativo di oggi ha un’offerta di neo-laureati enorme, ma la domanda purtroppo è sempre meno: senza dubbio viene privilegiato chi ha un po’ di esperienza, soprattutto all’estero.
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